Viaggio nella magica Islanda

Penisola di Snæfellsnes, monte Kirkjufell

L’Islanda è stato il primo Paese europeo a tornare alla normalità: via mascherine e distanziamento sociale, via restrizioni, incluso il numero di persone riunite nei luoghi al chiuso. Per entrare nel Paese è obbligatorio presentare il Green pass, il certificato di guarigione dal Covid o immunizzazione con vaccini riconosciuti dall’Ema che poi, una volta entrati nel Paese, non viene più richiesto in nessun luogo.

Reykjavík

Senza problemi ho potuto persino assistere alla finale dell’Europeo all'”English Pub” di Reykjavík, affollato di inglesi ed italiani, tutti amichevolmente accalcati in un festoso assembramento. Avrei dovuto visitare l’Islanda nell’estate del 2020, ma poi il tampone obbligatorio all’arrivo, con relativo rischio di dover trascorrere la vacanza chiusa in hotel in quarantena, mi aveva fatto desistere e rimandare il viaggio all’estate successiva, utilizzando i voucher di hotel e voli. Il mio albergo nella capitale, gestito da un ragazzo vietnamita (numerosi in città i ristoranti gestiti da vietnamiti), si trova proprio a ridosso del simbolo di Reykjavík: la chiesa luterana di Hallgrimm che, ai miei occhi, sembra un razzo pronto ad essere sparato nell’universo. Come già la Sagrada Familia di Barcellona anche la chiesa di Reykiavik si ispira alla natura, e precisamente alle lunghe e slanciate colonne create dal raffreddamento della lava in roccia basaltica che caratterizzano molte spiagge dell’isola. Davanti all’entrata della chiesa svetta la statua di Leif Erikson, un navigante che, secondo le saghe vichinghe, scoprì il Nord America più o meno 500 anni prima di Cristoforo Colombo.

Reykjavík, Sun Voyager

Passeggiando per Reykjavík noto che molte strade del centro sono dipinte con il gesso: arcobaleni multicolore, disegni floreali e geometrici decorano il selciato. Anche quello della centralissima Laugavegur Street, il cui nome significa “strada del lavaggio”, la via che un tempo gli islandesi percorrevano per raggiungere le terme dove venivano lavati i panni. Prima di giungere al vecchio porto passo davanti all’Harpa Concert Hall, una grande struttura in vetro che, in particolari condizioni luminose, soprattutto al tramonto, offre l’opportunità di scattare suggestive foto: riflessi e giochi di luce illuminano, enfatizzandole, le innumerevoli piccole vetrate geometriche dell’edificio che ospita i concerti a Reykjavík. Anche il Sun Voyager, una scultura in acciaio inossidabile commissionata all’artista Jón Gunnar Árnason nel 1986 per celebrare il 200° anniversario della città, enfatizza la sua bellezza grazie alla luce. La nave, posta sul lungomare, raffigura una barca vichinga stilizzata e celebra la scoperta dell’Islanda, richiamando l’idea di una nave ideale e, al contempo rappresenta un inno al sole.

Museo Nazionale, statuetta di Thor

Affacciata sulla baia Faxaflói, con alle spalle la mitica montagna Esja, Sun Voyager acquista un fascino tutto particolare quando viene illuminata dai raggi radenti del sole al tramonto attirandomi come un magnete, tanto che quasi ogni sera, al ritorno dalle miei escursioni, torno ad ammirarla.

Reykjavík, letteralmente la città della “baia del fumo”, per via dei vapori che sgorgano dalle vicine sorgenti d’acqua calda, ha saputo raggiungere la modernità e un’intensa vita culturale, nel pieno rispetto della natura. Visito i suoi svariati musei, quello Marittimo Vikin, allestito all’interno degli edifici dell’antica ghiacciaia della Reykjavík Trawler Company che racconta, con filmati, fotografie reperti antichi e manufatti contemporanei, la storia della pesca, da sempre fonte di benessere e ricchezza per il Paese. Gustata una strepitosa zuppa di pesce, che in Islanda viene arricchita con la panna acida, visito prima il museo dedicato alle balene, una mostra interattiva creata in un ambiente che, con luci e suoni, richiama il mondo sottomarino, e poi quello dedicato all’Aurora Boreale. Visto che non potrò assistere dal vivo al famoso fenomeno ottico che si manifesta solo in autunno ed inverno, mi accontento del video immersivo su cui scorrono le immagini delle più spettacolari aurore, inclusa quella rarissima rossa, avvistate nei più diversi e scenografici luoghi dell’isola. Per immergermi nella cultura islandese (sia presente che passata), visito anche il Museo Nazionale che illustra in maniera accurata la storia della nazione dai primi insediamenti vichinghi all’attuale cultura contemporanea attraverso oltre 2000 artefatti scoperti in varie parti del paese, tra cui una preziosa statuetta risalente all’anno mille, al tempo della transizione tra paganesimo e cristianesimo.

Reykiavik, museo all’aperto di Árbær

Si ritiene che l’immagine dell’uomo barbuto nudo rappresenti Thor, la principale divinità pagana del Nord ma, in realtà la figura antropomorfa in bronzo, rinvenuta nel 1815 in un fiordo, potrebbe anche rappresentare Cristo Re assiso sul trono. Nel 1817 la preziosa statuetta, di cui poi acquisto una riproduzione, fu spedita in custodia a Copenaghen giacché a quell’epoca non vi erano musei in Islanda. Tornò in patria nel 1930, insieme a molti altri oggetti antichi, in occasione delle celebrazioni dell’Alþing, l’antico Parlamento vichingo, il primo d’Europa e forse del mondo, dato che per gli altri continenti non ci sono datazioni certe. Ma è il museo all’aperto di Árbær, che raggiungo dopo un articolato percorso a bordo di due diversi bus, quello che maggiormente colpisce la mia immaginazione, come spesso mi capita con i musei etnografici all’aperto. Tra verdissimi prati sono raccolte un discreto numero di vecchie case di Reykjavik, tra cui una chiesetta di campagna, con il suo caratteristico tetto coperto di torba, posta accanto ad una fattoria dove pascolano beate una mezza dozzina di caprette nere. Non vale sicuramente i 17 euro sborsati all’ingresso, ma non riesco a sottrarmi alla curiosità di visitare il Museo Fallologico islandese (unico al mondo) che espone una collezione di oltre 200 “campioni fallologici”, o parti di essi, appartenenti alla quasi totalità dei mammiferi, islandesi e non.

Non amo le escursioni organizzate, ma in Islanda o noleggi una macchina o acquisti un tour completo di gruppo o, come terza alternativa, partecipi ad escursioni giornaliere con partenza da Reykjavík.

Reynisfjara, pinnacoli di lava

Il mio primo tour, nel sud del Paese, rischia di saltare: il cambio orario, dalle 9 alle 8 di mattina, mi viene comunicato il giorno prima soltanto via mail. Da quando sono partita non apro la mia casella di posta elettronica ed, ovviamente, resto all’oscuro della modifica. Per fortuna quando, dopo colazione, sto iniziando a prepararmi ricevo una telefonata allarmata. Ho 10 minuti di tempo per raggiungere la fermata del pulmino (per fortuna dietro il mio hotel) e non perdere l’escursione. Con un occhio truccato ed uno no riesco nell’impresa e salgo a bordo accolta da un applauso che all’inizio interpreto come una beffa per il mio ritardo. In realtà gli altri passeggeri in attesa sanno che sono italiana e vogliono farmi un omaggio, visto che abbiamo appena conquistato la finale dell’Europeo ! Il tempo non è dei migliori ma i paesaggi desertici battuti dal vento e le montagne dai contorni quasi soprannaturali che ammiro dalle vetrate del bus, catalizzano tutta la mia attenzione. Scendiamo dal bus e ci incamminiamo lungo un breve sentiero che ci conduce fino al lago in cui si tuffa Sólheimajökull.

Circolo d’Oro, la cascata Gullfos

Di sicuro questo ghiacciaio non ha la bellezza maestosa ed accecante del Perito Moreno, visitato anni prima in Argentina, sia per le dimensione che, soprattutto, per le macchie scure laviche che lo contraddistinguono, ma la sua bellezza è nel contesto che lo circonda, nelle montagne i cui colori sorprendenti derivano dalla presenza di diversi minerali, ferro, in particolare. A Reynisfjara ci attendono le onde maestose dell’oceano Atlantico: con un rumore sordo s’infrangono sui pinnacoli di lava che fuoriescono dal mare e sull’ampia spiaggia di sabbia nera sovrastata da formazioni di colonne basaltiche squarciate da un’ampia grotta. Sono due le spettacolari cascate che visitiamo durante l’escursione nel sud del Paese: Seljalandsfoss e Skógafoss. Quest’ultima, immersa in un idilliaco paesaggio di prati verde fluorescente punteggiati da margheritine e fiori gialli, si contraddistingue per la lunga scalinata in legno costruita lungo la collina dalla cui cima avremmo potuto ammirare uno dei panorami più emozionanti d’Islanda. Ma, come si sa, nelle escursioni organizzate il tempo è tiranno, ed il panorama che si apre alla vista di ghiacciai, vulcani e spiagge di sabbia nera, rimane per noi un pio desiderio.

La cascata di Skógafoss

La seconda cascata che ammiriamo, Seljalandsfoss, è famosa per il retrostante sentiero lievemente impervio che permette di osservare il potente getto che precipita fragoroso da 60 metri metri d’altezza, direttamente da dietro la cateratta. Ma a conquistarmi sarà la cascata Gullfos, visitata alcuni giorni dopo, durante l’escursione al Circolo d’Oro, un percorso di circa 300 chilometri che parte da Reykjavik e attraversa alcuni dei paesaggi più belli e famosi dell’Islanda sud occidentale.

Qui il fiume Hvìta precipita su una serie di grandi scalini di basalto da più di 30 metri d’altezza. Il suo nome, Gullfos, letteralmente Cascata d’Oro, deriva dagli effetti che la luce del sole crea, nel pomeriggio, attraversando l’areola di umidità degli schizzi dell’acqua: un alone aureo sembra, allora, avvolgere davvero la cascata. L’escursione al Circolo d’Oro vale il viaggio anche solo per questa meraviglia della natura, ma in realtà sono molte le attrazioni della giornata: la sorgente termale attiva di Strokkur che, come un orologio svizzero, spruzza acqua bollente a 30 metri di altezza ogni 8 minuti, il lago craterico Kerid, le cui strabilianti acque color zaffiro sono circondate dai rossi e ripidi pendii della caldera, ed il Parco Nazionale di Þingvellir, caratterizzato da faglie e gole che testimoniano il fenomeno naturale della deriva dei continenti.

Circolo d’Oro, cratere Kerid

Qui ci incamminiamo lungo la frattura tra la zolla euroasiatica e quella nordamericana che, impercettibilmente, si stanno progressivamente distaccando.

Poco prima della mia partenza per l’Islanda, tra febbraio e marzo del 2021, oltre 50.000 scosse, evidente segnale di movimenti nelle profondità della Terra, hanno anticipato l’eruzione che, il 19 marzo ha portato alla nascita, nella penisola di Reykjanes, del più recente vulcano attivo islandese. Al momento della mia partenza per l’Islanda il cono vulcanico ha già raggiunto circa 100 metri d’altezza ed uno dei miei desideri è poter assistere, sia pur da lontano, all’eruzione tuttora in corso. Da un paio di mesi ho organizzato l’escursione insieme ad un vulcanologo e fotografo italiano residente in Islanda, conosciuto su Facebook, così come, sempre attraverso Facebook, mi sono preventivamente accordata con un gruppetto di italiani di Reykjavík per assistere insieme alla finale degli Europei.

Dopo la vittoria dell’Europeo all'”English Pub” di Reykjavík

Mentre quest’ultimo programma si rivela un successo, sia per il risultato della partita che per la compagnia, l’escursione al vulcano neonato è fallimentare, nel senso che sono costretta a rinunciarvi a causa del cattivo tempo e della mancanza di visibilità. Con Marco, il vulcanologo siciliano sul cui avambraccio è tatuato l’Etna, ho comunque l’occasione di ammirare le solfatare della penisola di Reykjanes, ribollenti pozze di acqua azzurra immerse in un artistico paesaggio dalle tinte ocra e rosse e, soprattutto la famosa Laguna Blu, un’area geotermale che rappresenta una delle attrazioni turistiche più visitate dell’Islanda.

Penisola di Reykjanes, la Laguna Blu

In realtà, come mi spiega Marco, la Laguna Blu non ha origine naturale ma è alimentata dal vicino impianto geotermico di Svartsengi. Le acque non contengono alcun prodotto chimico, solo minerali naturali che fanno molto bene alla pelle ed il suo caratteristico colore azzurro opaco è dovuto alla presenza di silice, calcare, zolfo e alghe verdi-azzurre.

Prima di lasciare l’Islanda dedico una giornata all’escursione alla penisola di Snæfellsnes che, sulla cartina, appare come una mano protesa verso il Polo. Famosa per il ghiacciaio Snæfellsjökull menzionato da Jules Verne nel libro “Viaggio al centro della Terra”, Snæfellsnes è ancora oggi considerata dagli appassionati di esoterismo un punto in cui convergono forze soprannaturali. E’ qui, in un paesaggio piatto, ingentilito da ruscelli e cascatelle che si gettano in un piccolo lago, che si innalza la montagna di Kirkjufell (in islandese Montagna della Chiesa), la cui forma conica è dovuta all’azione di ghiacciai che ne hanno eroso le pareti. Per via della sua conformazione, e per l’inusuale contesto paesaggistico che la circonda, il monte Kirkjufell è stato scelto come set della serie televisiva Game of Thrones.

Una casetta isolata del villaggio di Arnarstapi

L’escursione lungo la penisola prosegue tra campi lavici, spiagge nere, ripide falesie, archi di lava e colonne di basalto che salgono lentamente dal mare implacabile, una peculiarità di questo estremo lembo dell’Islanda. Vicino al piccolo porto del villaggio di Arnarstapi inizia una bella passeggiata lungo i sentieri che costeggiano le scure cogliere popolate da migliaia di uccelli ed è qui che scorgo, appena scesa dal bus, una piccola casa bianca isolata, immersa in un paesaggio fiabesco e selvaggio, fuori dal tempo. Chissà come ci si vive in un posto del genere, mi sono chiesta, lontano da tutto, in un Paese dove le notti invernali durano 19 ore e dove in estate non cala mai la notte, come ho potuto appurare io stessa svegliandomi, per caso, una notte alle 2.15 di mattina. Dal balconcino della mia camera dell’hotel a Reykjavík ho fotografato la “notte bianca” con la sua luce delicata, lattiginosa e perlacea: una delle tante magie dell’Islanda.

Foto e testo di Claudia Meschini