Alla scoperta dell’Austria in treno

Case colorate di Innsbruck, nel quartiere di Mariahilfe

Il mio viaggio in Austria è nato quasi per caso, grazie al voucher per un hotel di Vienna mai utilizzato a causa della pandemia da Covid19. La prenotazione risaliva alla primavera del 2020 quando io sarei dovuta andare in Giappone facendo al ritorno scalo a Vienna. Ma quella primavera, contraddistinta da splendide giornate di sole e da un cielo perennemente blu, le abbiamo trascorse tutti chiusi in casa, in lockdown.

Panorama dalla Torre Civica di Innsbruk con il Tettuccio d’Oro

Ed è grazie a quel voucher che ho quindi scelto l’Austria come una delle mete estive del 2021: una settimana tra Innsbruk, Salisburgo con breve tappa finale Vienna, una città visitata 30 anni prima ma che, all’epoca, non mi aveva entusiasmato particolarmente, forse a causa del cielo plumbeo capace di rendere, ai miei occhi, ancora più imponente e triste l’architettura asburgica della capitale. I treni ÖBB e DB che operano la tratta da Verona a Innsbruck e collegano poi le varie città austriache, hanno la particolarità di partire da un punto preciso del binario: A, B oppure C. Se non fosse stato per un passeggero ritardatario che mi è sfrecciato davanti mentre ero comodamente seduta nel gabbiotto del binario, sarei rimasta lì ad attendere l’arrivo del convoglio in realtà già fermo a venti metri di distanza da me. Trafelata e senza mascherina riesco a salire qualche secondo prima che l’ÖBB si mettesse in moto.

Durante i miei viaggi ho sempre amato visitare i mercati quelli pittoreschi e multicolore del centro e sud America o quelli insoliti del sud est asiatico, dove in settori ben distinti trovano spazio cibi esotici, animali vivi d’ogni tipo, sete e stoffe preziose, fiori e raffinati oggetti in ceramica o lacca.

Speck al mercato di Innsbruck

Anche i mercati delle città europee non fanno eccezione e offrono al viaggiatore un aspetto che difficilmente si può riscontrare altrove, quello della quotidianità di chi in quel Paese ci vive. Il mercato di Innsbruck si trova in una struttura coperta accanto al fiume Inn, il corso d’acqua che attraversa la città e le dà il nome. L’interno è un ordinatissimo e composto tripudio di salumi, pile di speck tirolese sottovuoto e salami affumicati, formaggi, frutta, marmellate, ogni settore del mercato ha la sua peculiarità e alcuni negozi hanno una parte esterna, bar o ristorante, che si affaccia sul lungo fiume.

Insegne decorative in metallo a Innsbruk

Da qui si gode una magnifica vista sulla via delle case colorate di Innsbruck, nel quartiere di Mariahilfe, al di là del corso d’acqua, per me l’angolo più suggestivo della città. Una leggenda spiega il motivo per cui queste case allineate e dalla facciata alta siano così colorate; si dice che tanto tempo fa le donne del quartiere di Mariahilfe le abbiano dipinte scegliendo ognuna un colore diverso, così i loro mariti tornando a casa ubriachi non sbagliavano casa. Le casette colorate le avevo già avvistate in lontananza dal punto panoramico della Torre Civica, raggiunto dopo aver risalito i 130 scalini della suggestiva scala elicoidale. La Torre Civica si trova a pochi passi dal Tettuccio d’Oro, l’attrazione principale di Innsbruk. Si tratta del tetto spiovente di un palazzo nobiliare ricoperto da oltre duemila lamine di rame dorato che sorge accanto ad un’altra magnifica abitazione borghese, la Helblinghaus, la cui facciata è decorata con stucchi tardo-barocchi che ritraggono fiori, trofei, grappoli di frutta e conchiglie. Su tutto incombono, un po’ inquietanti, le montagne d’alta quota che appaiono così vicine che sembra di poterle toccare.

Ad Innsbruk, cittadina asburgica disseminata di tracce gotiche, barocche e rinascimentali, ha scelto di vivere, ormai da molti anni, una mia vecchia compagna di liceo. Ci diamo appuntamento vicino al mio hotel che si trova proprio accanto all’Arco di Trionfo sul finire di Maria-Theresien Strasse, l’arteria principale della città. Dietro l’Arco di Trionfo, un monumento che volutamente richiama l’architettura romana, spicca in lontananza l’imponente trampolino per il salto con gli sci del monte Isel, una collina di 800 metri a sud della città che ha un’importanza storica notevole: qui vi si radunavano infatti le milizie al servizio di Andreas Hofer, l’eroe che liberò la città dal giogo bavarese restituendo al Tirolo l’agognata indipendenza.

Innsbruk, Castello di Ambras

Con Piera, la mia vecchia compagna di classe, visito il Castello di Ambras dell’Arciduca Ferdinando II, a pochi chilometri dalla città, famoso come “Il museo più antico del mondo”. La fama è legata alla passione per il collezionismo di questo rampollo della dinastia asburgica capace di raccogliere all’interno delle mura della sua dimora tirolese, armature, armi, ritratti, oggetti naturali, scientifici, musicali e soprattutto splendidi oggetti in cristallo di Boemia. Prima di lasciare Innsbruk e salire sul treno ÖBB che mi porterà a Salisburgo, decido di visitare il Palazzo Imperiale, che pur non avendo lo sfarzo e le dimensioni dell’Hofburg di Vienna, si contraddistingue per gli arredi che rispecchiano la stravaganza e il culto della bellezza dell’imperatrice Elisabetta di Baviera, meglio nota come Sissi, di cui, nella galleria dei ritratti, è conservata la copia del suo ritratto più famoso, dipinto da Franz Xaver Winterhalter e conservato nel Palazzo Imperiale di Vienna. Opto per una breve sosta al mega store dei cristalli Swarovski, la cui fabbrica si trova proprio a Innsbruk, prima di visitare uno dei luoghi più suggestivi di questa città piccola ma ricca di sorprese, la “chiesa degli uomini neri”, come viene chiamata la chiesa della Corte Imperiale.

Il Duomo di Salisburgo

Gli uomini neri in questione sono le 28 statue bronzee poste a guardia del cenotafio (tomba vuota) in onore di Massimiliano I, tra i personaggi ritratti con dovizia di particolari, le sue due mogli, alcuni antenati dell’imperatore e personalità di spicco distintesi per coraggio ed eroismo.

Meno di due ore di treno e raggiungo Salisburgo nel tardo pomeriggio. Non voglio perdermi la luce d’oro e arancio del tramonto e l'”ora blu” che precede il buio della notte rendendo tutto più bello, magico. Lascio in fretta il mio bagaglio in hotel e attraverso il ponte sul fiume Salzach che taglia in due la città. Passeggiando per le vie acciottolate del centro, mi infilo nei suoi innumerevoli portici, fino a ritrovarmi quasi per caso davanti allo spettacolare Duomo di Salisburgo che si staglia illuminato innanzi al sipario blu notte del cielo. Capace di ospitare fino a 10mila persone questa spettacolare testimonianza del barocco austriaco, fu edificata nel 1628 sui resti di due preesistenti edifici sacri di origine paleocristiana le cui tracce sono oggi visibili nella cripta.

Salisburgo, il Castello di Mirabel

Accanto al Duomo, il Palazzo Residenz, i cui scenografici interni avrei visitato nei giorni successivi, testimonia l’immenso potere spirituale e temporale dei principi-vescovi di Salisburgo che, amanti dell’arte e dell’Italia, trasformarono, tra il XVI ed il XVII secolo, la piccola cittadina nella sfarzosa città di oggi. L’indomani è domenica e vedo dirigersi verso l’appuntita facciata in pietra della quattrocentesca chiesetta di San Biagio frotte di fedeli, per lo più giovani, con indosso gli abiti tradizionali austriaci. Le donne vestono i colorati Dirndl, vestiti composti da guêpière, blusa, ampia gonna e grembiule, un abbigliamento che negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso erano quasi sparito dall’uso pubblico e lo si poteva vedere solo durante le feste popolari. Ma a partire dagli anni’90, il Dirndl e il Lederhose maschile (pantaloni in cuoio sopra o sotto il ginocchio), sono ritornati prepotentemente di moda, trasformandosi in uno status quo borghese, tanto da essere venduti nei negozi più alla moda e a prezzi non proprio popolari. Altrettanto numerosi gli invitati in abiti tradizionali di uno dei tanti matrimoni che si celebrano ogni week end nella scenografica sala degli Specchi del Castello di Mirabel, il primo dei tre castelli che ho visitato. Ricostruito in stile neoclassico dopo il terribile incendio che nel 1818 lo devastò, il palazzo cinquecentesco doveva essere la residenza di Salome Alt, amante “segreta” dell’arcivescovo Wolf Dietrich von Altenau. In realtà la relazione clandestina di segreto non aveva proprio nulla dal momento che gli incontri fugaci nel castello, ipocritamente costruito al di là delle mure cittadine, fruttarono alla coppia ben 16 figli.

Salisburgo, la Fortezza Hohensalzburg

Con una breve corsa in funicolare raggiungo la Fortezza Hohensalzburg, un castello visibile da ogni punto della città e che custodisce, al terzo piano, le Stanze dei Principi, con le grandi stufe in maiolica decorata, i portali in marmo indiano, i soffitti decorati con borchie a forma di stelle dorate su fondo blu ad imitazione del cielo stellato. Sarà un bus, il numero 5, a portarmi poi in meno mezz’ora al terzo castello, Hellbrunn, luogo di divertimento dell’arcivescovo Markus Sittikus, che, ad imitazione dei castelli bavaresi, fece costruire un complesso capace di stupire i suoi ospiti con innumerevoli giochi d’acqua disseminati lungo il percorso dei giardini, grotte ricoperte di conchiglie e finte stalattiti, fontane e persino un teatro i cui burattini si muovono grazie alla forza idrica. Una visita veloce al museo Casa Mozart, al civico 9 di Getreidegasse, la strada principale del centro storico di Salisburgo, e sono pronta a salire su un altro treno, quello che mi porterà alla meta finale del mio viaggio, Vienna. L’hotel di cui custodisco il voucher da due anni si trova poco distante dal motivo per cui sono voluta tornare nella capitale austriaca, la meravigliosa cattedrale metropolitana di Santo Stefano con il suo agile e slanciatissimo campanile gotico, un monumento che nel 1945, durante la ritirata delle truppe tedesche, rischiò la rovina a causa di un incendio che distrusse le secolari capriate lignee della volta ed il tetto policromo. La piazza del Duomo mi accoglie con una luce fantastica, nuvoloni scuri e apparentemente minacciosi coprono parzialmente il cielo azzurro profondo che precede il tramonto, mentre i raggi del sole vanno a modellare, enfatizzandole, le decorazioni della facciata, il portale, le torri gemelle tardo romaniche e l’agile e slanciatissimo campanile gotico, uno dei più alti del mondo, visibile da quasi ogni punto della città.

Vienna, la Cattedrale metropolitana di Santo Stefano

Dal lato opposto della piazza attrae la mia attenzione un baracchino con una lunga e ordinata fila di persone in attesa. Qui si vende in versione street food, il Kaiserschmarrn, una via di mezzo tra una crepe ed un pancake. Il dolce cotto in grandi pentole wok viene poi tagliato a striscioline, cosparso di zucchero a velo e accompagnato da un’abbondante mestolo di confettura di ribes o mirtilli con frutti interi. La leggenda narra che una sera l’imperatore Francesco Giuseppe chiese una crepe. Il suo cuoco personale, per errore, fece cuocere l’impasto troppo a lungo così che la crepe, rigirata, si ruppe. Non avendo tempo per rifarla, il cuoco rimediò tagliandola a pezzettini e cospargendola di zucchero per nascondere le parti troppo cotte. All’imperatore piacque così tanto il nuovo piatto che da allora volle che le sue crepes fossero preparate sempre in quel modo. E nacque così il Kaiserschmarrn, letteralmente “frittata dell’imperatore”, ancora oggi il dolce più amato dai viennesi, insieme alla Sacher, la torta al cioccolato inventata il 9 luglio del 1832 dal pasticciere, allora sedicenne, Franz Sacher. A causa dell’improvvisa malattia del capocuoco, il giovane Franz Sacher, grande amante del cioccolato, realizzò , in occasione di un pranzo ufficiale del principe Klemens von Metternich, la prima apprezzatissima Sachertorte. Come si suol dire, il caso premia sempre gli audaci.

Foto e testo di Claudia Meschini