Pedalando nelle Langhe di Cesare Pavese

“La luna e i falò”.  Le langhe di Cesare Pavese. Cicloguida letteraria tra Langhe e Monferrato.

Le nostre mete sono rappresentate dai siti più cari a Cesare Pavese. Si tratta di un percorso breve, di 23,2 chilometri, tutto asfaltato, che presenta una difficoltà media, ma con una variante finale di un certo impegno. Il tragitto tocca i luoghi citati ne “La luna e i falò” e nel racconto “Il mare”, parte da Santo Stefano, supera il Nido, la Torre dei contini, Santa Libera, Sant’Antonio, Canelli, Robini, Gaminella, per poi chiudere l’anello arrivando a Santo Stefano.

Andai invece un mattino a Canelli, lungo la ferrata, per la strada che ai tempi della Mora avevo fatto tante volte. Passai sotto il Salto, passai sotto il Nido, vidi la Mora coi tigli che toccavano il tetto, il terrazzo delle ragazze, la vetrata, e l’ala bassa dei portici dove stavamo noialtri.

“La luna e i falò”, cap. X 

In un mattino autunnale, quando il sole appena filtra tra la nebbia e inizia a illuminare vigne che esplodono di colori, fermiamo la vettura sul piazzale antistante la casa natale di Cesare Pavese (cascina San Sebastiano) per iniziare il nostro percorso.

Ci immettiamo sulla provinciale 592 (massima attenzione per il traffico veloce) e svoltiamo a sinistra sullo “stradone” verso Canelli; di fronte a noi c’è la strada per i Robini che percorreremo al ritorno. Sulla nostra sinistra superiamo il mulino dell’Annunziata e l’incrocio (oggi una rotonda) che portava al “ponte di ferro”. Passiamo sul ponte nuovo che supera il Belbo e la “ferrata”. Andiamo verso la collina del salto, la casa del Nuto e la Mora. Dopo circa 500 metri superiamo il Belbo; subito dopo, alla nostra sinistra ha inizio la collina del Salto, più ripida e scoscesa della Gaminella, con, in alto, la palazzina del Nido. Al chilometro 1,4, sulla sinistra, troviamo la casa del Salto dove Nuto con il fratello faceva le bigonce.

C’è Nuto, il mio amico del Salto, che provvede di bigonce e di torchi tutta la valle fino a Camo.

“La luna e i falò”, cap. I

Dopo 200 metri sulla destra incontriamo la Mora e, più in basso oltre la ferrata, si apre la piana con le albere che giungono, digradando, fino al Belbo.

La Mora era come il mondo, – dissi. – Era un’America, un porto di mare. Chi andava chi veniva, si lavorava e si parlava…

“La luna e i falò”, cap. IX

Dietro le albere dall’altra parte della strada c’era il Belbo. Era qui che uscivamo a giocare… e i fusti freschi delle albere avevano odore d’acqua corrente.

“La luna e i falò”, cap. VII

Al chilometro 2,2 transitiamo sotto le rocche su cui si trova la palazzina del Nido, che vediamo in alto alla nostra sinistra.

E alzando la testa dallo stradone sotto il Nido, si vedeva tutto un fitto di canne bizzarre che si chiamavano bambù.

“La luna e i falò”, cap. XXII

Subito dopo percorriamo la curva che apre la vista su Canelli e sul mondo.

… per me le collinette di Canelli sono la porta del mondo.

“La luna e i falò”, cap. I

Canelli è tutto il mondo – Canelli e la valle del Belbo – e sulle colline il tempo non passa.

“La luna e i falò”, cap. XI

Al chilometro 2,4, sulla nostra sinistra, ha inizio la salita verso la palazzina del Nido; l’imbocco è scomodo e anche insidioso per il traffico intenso. Dopo un primo tratto, la salita, breve, diventa impegnativa e con numerosi tornanti. Il fondo stradale è asfaltato, ma la via molto stretta anche se pressoché priva di traffico. Dopo circa 500 metri inizia una serie di tornanti tutti severi, intervallati da brevi tratti pianeggianti che consentono di riprendere un po’ il fiato. In questa salita occorre tenere d’occhio il cardiofrequenzimetro per evitare battiti troppo accelerati. La strada si snoda quasi completamente tra alberi selvatici, soprattutto gaggie; solo a 800 metri dall’inizio della salita troviamo sulla nostra sinistra un vigneto, sul versante ripido della collina, proprio sotto la palazzina. All’ottavo tornante a sinistra si dipartono due percorsi pavesiani e del moscato, subito dopo, di fronte, abbiamo la palazzina del Nido. Di qui si gode una stupenda vista sulla piana di Canelli, sul Belbo e sulla Gaminella, di cui si constata tutta la maestosità.

La guida a cura di ediciclo Editore

Al chilometro 3,6 (altitudine 260 metri) siamo al cancello della villa dove vi è un divieto di accesso; non si può proseguire oltre e dobbiamo ridiscendere per tornare sulla provinciale. Prestare molta attenzione: la discesa (i tornanti non hanno protezione a valle) è impegnativa quanto severa la salita. Abbiamo dovuto seguire questo tragitto tortuoso poiché non vi sono strade pubbliche che dal Nido conducano direttamente in alto sulla collina del Salto. Giunti nuovamente ai piedi della salita, svoltiamo a sinistra sulla provinciale verso Canelli (attenzione all’imbocco molto insidioso per la concomitanza di grande traffico e di una griglia di scolo che occupa tutto il sedime viabile). Dopo breve tratto, al chilometro 4,8, proprio in corrispondenza del cartello indicatore di Canelli, svoltiamo a sinistra nella prima strada che porta in regione Bassano (non strada San Marco), poco dopo una torre che faceva parte della cascina Bertolino già presente nelle mappe del 1836. L’attacco è severo, ripido e con tornanti; il fondo è asfaltato, ma accidentato. Dopo un centinaio di metri la strada spiana e ci consente di riprendere il fiato (attenzione al cardiofrequenzimetro). Qui il percorso si snoda tra le terre che erano dei contini della palazzina del Nido.

Poi i beni del Nido andavano su per la collina dietro, vigne e grano, grano e vigne, e cascine, boschetti di noci, di ciliegi e di mandorli, che arrivavano a Sant’Antonino e oltre, e di là si scendeva a Canelli, dove c’erano i vivai coi sostegni di cemento e le bordure di fiori.

Langhe, Roero

“La luna e i falò”, cap. XXII

Questo brano indica esattamente la seconda parte del nostro percorso. Di qui si gode una vista stupenda sulla piana del Belbo, sullo sfondo la Gaminella e, a sinistra, Canelli. Sulla destra non si scorge Santo Stefano; è dietro la curva sotto il Nido. Al chilometro 5,5, dopo un tornante e una salita impegnativi, in alto di fronte a noi scorgiamo la Torre dei contini che svetta su un ampio anfiteatro di vigneti; la salita si attenua ed è possibile fare alcuni giri in tondo per rallentare la frequenza cardiaca. Qui, sulla sinistra in una curva (chi

lometro 5,9), vi è un percorso che porta fino alle vigne sopra il Nido.

Ci arrampicammo per il Salto. Da principio non si parlava, o si diceva solamente: «L’uva quest’anno è bella». Passammo tra la riva e la vigna di Nuto. Lasciammo la stradetta e prendemmo il sentiero – ripido che bisognava mettere i piedi di costa… Cominciai a guardarmi sotto i piedi – le vigne asciutte e gli strapiombi, il tetto rosso del Salto, il Belbo e i boschi.

“La luna e i falò”, cap. XIII

Di qui dobbiamo salire fino alla torre (che avremo alla nostra destra) e scollinare verso Santa Libera. Costeggiamo un recinto di cavalli. Lunga spianata e poi attacco alla sommità con salita non molto impegnativa, salvo gli ultimi due tornanti. Al chilometro 6,9 (altitudine 345 metri) giungiamo alla sommità: poco lontana sulla nostra destra, raggiungibile con una strada sterrata, ecco la Torre dei contini.

Irene ci soffriva, anche. Quel contino doveva essere peggio di una ragazza mal allevata.

“La luna e i falò”, cap. XXV

Trattandosi di sito particolarmente rilevato, si gode una vista straordinaria sia su Canelli che sulla valle Belbo (fino alle cime che segnano la valle Bormida), da una parte, e sull’abitato di Calosso dall’altra, con Agliano e sullo sfondo il Monviso, il tutto tra colline fitte di vigneti. Al chilometro 7,3 (altitudine 383 metri) siamo alla base della torre. Ritorniamo sui nostri passi lungo la capezzagna e svoltiamo a destra verso Santa Libera e Sant’Antonio. La strada ora scende lentamente ed è priva di asperità. Percorriamo il crinale che dà sulla valle che da Santo Stefano va alla Piana del Salto e poi a Calosso; noi, al chilometro 8,1 arriviamo alla chiesa e svoltiamo a destra verso Sant’Antonio. Dopo 300 metri, all’incrocio svoltiamo a sinistra per Sant’Antonio percorrendo il crinale tra i vigneti di moscato e al chilometro 9,4 entriamo in frazione Sant’Antonio e svoltiamo a destra a scendere verso Canelli sulla sp. 41. Il tragitto è tutto in discesa con fondo buono e qualche tornante insidioso; il traffico è un po’ più consistente.

Fu allora che mi comprai un coltello col fermaglio, quello che mi servì a far paura ai ragazzi di Canelli la sera che mi aspettavano sulla strada di Sant’Antonino.

“La luna e i falò”, cap. XVIII

All’ingresso di Canelli (chilometro 11) costeggiamo il parco del castello Gancia e poi l’edificio della Distilleria Bocchino. Due tornanti insidiosi. Siamo nella zona dove vi sono aziende vinicole tra le più vecchie di Canelli e dove si sentiva il profumo di vinacce e l’arietta di vermut. Superiamo l’incrocio con la via Alba (a destra, chilometro 11,4), al tempo di Pavese strada principale per Santo Stefano. Scendendo verso il centro, alla sinistra vi è la sede della ditta Contratto.

S’era messa con un ragioniere di Canelli che lavorava da Contratto e sembrava che dovessero sposarsi…

“La luna e i falò”, cap. XXVIII

Poco oltre, a sinistra, l’entrata dell’ex ristorante Croce Bianca.

… questo Lugli, nessuno sapeva quel che facesse a Canelli. Dava dei pranzi alla Croce Bianca, era in buona col podestà e con la Casa del fascio, visitava gli stabilimenti.

“La luna e i falò”, cap. XXVIII

Andiamo per via Alfieri verso il centro, fino al semaforo dove s’incrocia la strada che va a Santo Stefano. Alla nostra destra vi è la Casa Littoria risalente al periodo fascista (oggi ufficio finanziario).

Ma Silvia stavolta si rivoltò come un gatto. Andò a Canelli alla Casa del fascio.

“La luna e i falò”, cap. XXVIII

Svoltiamo a sinistra, superiamo la piazza e poi subito a destra sul ponte del Belbo, a salire, verso Cassinasco. Poco dopo (chilometro 12,2) svoltiamo a destra in via Buenos Aires e costeggiamo lo stabilimento Gancia per andare verso i Robini.

Gli feci dire se sapeva i paesi intorno. Se era mai stato a Canelli. C’era stato sul carro quando il Pa era andato a vendere l’uva da Gancia.

“La luna e i falò”, cap. VI

Superiamo il passaggio a livello e, a destra, ci dirigiamo verso Santo Stefano (attenzione alla griglia che attraversa tutta la sede stradale). Fondo ottimo e traffico scarso; costeggiamo il Belbo con continui saliscendi. Al chilometro 14,6 entriamo nell’abitato dei Robini. Al tempo, in corrispondenza della frazione vi era una passerella sospesa sul Belbo, che dopo l’alluvione del ’94 non è stata ricostruita; oggi c’è solo un attraversamento pedonale sul tubo dell’acquedotto.

… loro – tagliavano da Belbo, sulla pontina, e traversavano i beni, le melighe, i prati.

“La luna e i falò”, cap. XXIII

Invece traversai Belbo, sulla passerella, e mentre andavo rimuginavo che non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto.

“La luna e i falò”, cap. IX

All’uscita fare attenzione a una griglia trasversale alla strada. Il percorso si snoda su un tracciato assolutamente non impegnativo con modesti saliscendi. Al chilometro 16, all’altezza di alcune abitazioni, siamo a circa 500 metri dalla casa di Cesare Pavese. Chi intendesse concludere qui il percorso può proseguire per la strada e arrivare al parcheggio da cui siamo partiti.

Noi intendiamo introdurre una variante e svoltiamo a sinistra (attenzione alla griglia) per salire sulla Gaminella da strada Quassi. Si tratta di una salita impegnativa con due tratti severi verso la sommità (non è da considerare un disonore fare questi tratti a piedi, pur di non far salire troppo la frequenza cardiaca). Al chilometro 16,4 inizia il primo tratto severo di circa 200 metri; due tornanti e poi un altro tratto severo. In questi casi può essere utile fare qualche giro in tondo sulla strada nei tratti pianeggianti per fare scendere il battito cardiaco. Siamo completamente immersi in vigneti stupendi intervallati da qualche macchia di noccioli. Al chilometro 17,2 (altitudine 297 metri), dopo un tornante, si stende sotto di noi tutto il panorama di Calamandrana, Canelli, la piana e il Nido. Al chilometro 18,2 (altitudine 360 metri) svoltiamo a destra per salire verso la parte più alta della Gaminella in località Laghetto. Dopo circa 800 metri raggiungiamo il punto più elevato di questa seconda parte del percorso. Poco dopo, all’incrocio svoltiamo a destra per tornare al luogo di partenza. Non descriviamo la ripida discesa dalla Gaminella già descritta in un precedente percorso. Al chilometro 22,8, ritorniamo sullo “stradone” e svoltiamo a destra per la casa di Pavese, che dista circa 400 metri.

a cura di Ediciclo Editore 

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