Gli ingredienti per una boccata di esotismo ci sono tutti: souk e medine con vicoli stetti e misteriosi; calde spiagge di sabbia bianca e finissima, donne e uomini che indossano, in ogni occasione, abiti tradizionali; minareti e moschee, tappeti e ceramiche variopinte. La Tunisia è, insieme al Marocco, il paese africano che offre una concentrazione di motivi d’interesse storico, culturale, architettonico e folkloristico, difficili da trovare in altri paesi africani.
Lo scopriamo fin dal nostro arrivo in quella che rappresenta una delle mete più frequentate della Tunisia, Hammamet, esilio dorato del leader socialista Bettino Craxi, le cui spoglie riposano nel piccolo cimitero locale. Rinomata località balneare, Hammamet è caratterizzata da un mare cristallino e da belle spiagge di sabbia chiara, contornate dal palme ed aranci, dove si affacciano, senza soluzione di continuità, decine di caratteristici ristorantini e bar in cui sorseggiare un drink o mangiare un couscous seduti ai tavolini fronte mare o sui cuscini multicolore posati a terra. A ridosso del lungomare c’è la Medina con le sue pittoresche stradine tortuose, fiancheggiate da muri bianchi su cui si aprono decine di porte colorate, soprattutto azzurre, in legno chiodato, dove i chiodi sono assemblati in modo da formare motivi geometrici o floreali stilizzati. Assaggiamo un piatto a base d’agnello allo zafferano, carne che, insieme al montone, è la più usata della cucina tipicamente magrebina prima di rimetterci in viaggio.
Ci aspetta la città santa, Kairouan che raggiungiamo in taxi lounge, i taxi collettivi che effettuano itinerari con partenze prefissate e offrono un servizio regolare di collegamento tra le principali località. La città si staglia come un miraggio che sorge dall’immensità della pianura stepposa. Una solida e uniforme cinta muraria in cui si aprono porte maestose, circonda la città vecchia, isolandola dalla parte moderna. Visitiamo la Grande Moschea, santuario che si innalza imponente, in una perfetta armonia di linee e di volumi.
Dal cortile lastricato in marmo bianco, con al centro una cisterna che accoglie l’acqua piovana per le abluzioni dei fedeli, accediamo nella Sala delle preghiere, con la sua foresta di colonne, gli stupendi lampadari, i preziosi bassorilievi ad arabeschi floreali ed iscrizioni calligrafiche. Sette visite alla Grande Moschea di Kairouan dispensano il musulmano dal viaggio alla Mecca. Torniamo quindi lungo i bastioni; ecco il mausoleo di Sidi Abid ed Ghariani con il suo splendido cortile in stile arabo, circondato da gallerie e pilastri bizantini. Uno stuolo di bambini, festosi e un po’ insistenti, ci conduce, volenti o nolenti, a far visita al cammello di Bir Barraouta, che gira instancabilmente con gli occhi bendati (per evitare che il movimento circolare ripetitivo lo faccia “impazzire”), azionando una noria (pozzo) del XVII secolo; la leggenda narra che l’acqua di questo pozzo proviene nientemeno che dalle lontane terre sante d’Arabia. Siamo quindi alle soglie del colorato souk di tappeti, che espone la produzione dei ben 1.500 telai che danno lavoro a 500 famiglie: ovunque a Kairouan, nei vestiboli, nei patii delle case, le donne si dedicato con destrezza e buon gusto a questa che è una vera e propria arte.
Continuiamo ancora verso nord per raggiungere lo splendido mausoleo di Sidi Sahab, o Moschea del Barbiere, sovrastata dal suo elegante minareto. Narra una leggenda che il santo, compagno di Maometto, potava sempre con sé, come una reliquia, tre peli della barba del Profeta, da qui l’appellativo di “barbiere”.
Un altro lounge ci porta alla capitale, Tunisi. Alla pittoresca massa confusa delle bianche case della medina, con i loro tetti a terrazza sovrastati qua e là dalla sobria sagoma di minareti rossicci a tegole verdi, si contrappongono costruzioni avveniristiche che catalizzano l’attenzione ostentando un design quasi provocatorio. A Tunisi il vecchio e il nuovo, l’Oriente e l’Occidente si incontrano e si scontrano di continuo. I souk, qui come altrove nel Paese, costituiscono il modo più classico ed anche più divertente di fare acquisti e rappresentano l’espressone più tipica del popolo magrebino. Addentrandoci nel souk della medina, ci sentiamo prima storditi, poi coinvolti da un’animazione travolgente ma presto ci accorgiamo che tutta quell’apparente confusione non manca di un suo ordine, che affonda le proprie origini in antichissime tradizioni e in altrettante antiche necessità pratiche.
Notiamo, ad esempio, una suddivisione merceologica abbastanza rigorosa che costituiva fino ad un paio di secoli fa, un modo per proteggersi dai ladri e, ancora oggi i souk più antichi sono delimitati da pesanti portoni (ormai inutilizzati), che venivano chiusi la sera, separando così un souk dall’altro. Mi attrae più di tutti, oltre a quelli del cuoio e dei tintori, il souk el-Attarine (dei profumieri) in cui spezie ed erbe profumate sono esposte in caratteristici vasi in vetro decorato.
Vi si possono acquistare profumi confezionati su misura, candele decorate e il famoso hennè, con il quale le donne arabe sono solite dare ai capelli riflessi ramati. Acquisto una leggiadra ampolla per le essenze in vetro soffiato che, fortunatamente, viene inserita in una scatola a prova di viaggio in aereo. Tra i monumenti visitati quello che più ci incuriosisce è la tomba della Principessa Aziza, morta nel 1646 e venerata per la sua grande bontà (il più antico ospedale della medina è stato dedicato a lei). La particolarità di questa tomba è che si trova all’interno di una casa privata e che quindi, visitandola, si ha l’opportunità di vedere un cortile della medina, cosa assai rara, dal momento che, in tutto il mondo islamico, le strutture architettoniche ed urbanistiche proteggono rigorosamente l’intimità della vita domestica. Prima di lasciare Tunisi gustiamo un ottimo kebab di agnello e verdure miste alla “modica” cifra, si fa per dire, di dodici euro, aggiungendo a piacere la famosa harissa, una deliziosa salsa piccante a base di peperoncino e olio di oliva. A fine pasto è tradizione bere il thè alla menta, aromatizzato con pinoli e cardamomo e servito caldissimo, proprio come piace a me, che ho il soprannome di “lingua d’amianto”. Il nostro viaggio prosegue lungo la costa, sulla strada che corre a strapiombo sul mare facciamo sosta a Nebeul noto fin dai tempi antichi per la lavorazione delle ceramiche, come si evince dalla grande opera che troneggia all’ingresso della cittadina: una fruttiera decorata in sgargiante ceramica e arricchita da enormi arance arancioni.
Fra i molti artigiani che producono ormai oggetti in uno stile moderno piuttosto dozzinale, alcuni (pochi purtroppo) sono rimasti fedeli alla tradizione: le loro opere si riconoscono per i motivi geometrici o scritturali, dai colori verdi e gialli su sfondo di terracotta rossa: il verde è ottenuto con una miscela di piombo e ossido di rame, mentre il giallo con piombo e antimonio. A bordo del nostro lounge proseguiamo lungo la costa per raggiungere Keliba, villaggio famoso per la pesca (sardine, sgombri e acciughe) ma anche per i vini moscati. Lo domina una splendida fortezza bizantina che, con il suo colore giallo-ocra e le sue alte smerlature, ricorda i castelli della Castiglia. La nostra gita lungo il promontorio di Capo Bon termina a El-Haouarian da cui si scorgono, in lontananza, le coste della Sicilia. Da qui, in un paesaggio di una bellezza selvaggia, andiamo alla scoperta delle grotte di Ghar el-Kebir, grandi cave in arenaria rossa. Non si può lasciare la Tunisia senza aver visitato Sidi Bu Said, un paesino che sembra tratto da una ricostruzione oleografica, tanto è perfetto e tipicamente “arabo-andaluso”, forse anche troppo, perennemente affollato da torme di vacanzieri.
Meno autentico rispetto alle medine di Hammamet e di Kairouan, ma romanticamente arroccato sulla sommità di una collina protesa sul mare, Sidi Bu Said ci accoglie con tutto il suo lezioso fascino: le case bianche tinteggiate a calce che si affacciano su viuzze strette e ripide, le porte e finestre rigorosamente azzurro-mare, i balconi fioriti protetti da stupende grate in ferro battuto, i giardini lussureggianti che spandono nell’aria il profumo dolce e seducente del gelsomino, le gabbie per uccelli a cupola arabescata, inventate dagli artigiani locali. Nei primi decenni del Novecento qui venivano a trascorrere lunghi periodi scrittori come Gide e Bernanos, pittori come Paul Klee, scrittori famosi come Cervantes. Il famoso Café des Nattes che una lunga scalinata pone al di sopra della fola di visitatori, fu immortalato durante gli anni’50 in almeno una decina di film d’ambientazione orientale. Risaliamo una stretta viuzza che porta al punto più alto della cittadina dove sorge un marabout (il termine indica sia un uomo santo e combattente per la religione, sia il suo mausoleo), sovrastato da un agile minareto; vi riposano le spoglie di Bou Said, il venerato protettore della città.
Pochi chilometri lungo la costa è raggiungiamo Cartagine per una breve sosta, difatti della Cartagine romana devastata dai Vandali e annientata dagli Arabi restano ormai poche rovine che si sviluppano sia lungo la costa, sia nell’entroterra.
Prima di raggiungere Monastir, dove prenderemo l’aereo che ci riporterà a Venezia, facciamo tappa a Sousse, località balneare amata da Maupassant e descritta da Gide come “la più bella e la più riposante”. La “città fertile” dell’impero romano, ha un pittoresco centro storico tuttora protetto dalle antiche mura. Purtroppo il cielo plumbeo carico di nuvoloni scuri ci fa ben poco apprezzare la pittoresca moltitudine di piccole case a cubo dai colori pastello e gli snelli minareti che spuntano qua e là. Visitiamo prima il museo dei mosaici dove spicca una testa di Medusa posta nel cortile d’ingresso e poi, muniti di torcia elettrica, le catacombe che ospitano 15mila tombe usate dai Cristiani dal II al IV secolo. Raggiungiamo quindi Monastir, ultima tappa del mio primo viaggio in Tunisia: la linearità delle planimetrie, la raffinata ricercatezza della disposizione dei monumenti, tutti senza intonaco e con le pietre così pulite da sembrare nuove, ci danno l’impressione di essere entrati in un plastico. Visitiamo il ribat (fortificazione islamica), che sorge austero e imponente in prossimità del porto, dalla cui sommità ammiriamo uno spettacolare panorama sulla città: il litorale, il cimitero monumentale marino e la medina tutta recintata da mura medioevali. Il filmetto che giro durante ogni mio viaggio questa volta finirà anche in Baviera, per la precisione a Monaco, a casa Erale. Una coppia con cui avevamo condiviso il lounge da Kairouan a Tunisi, era rimasta talmente entusiasta delle immagini girate da chiedermi di inviargli una copia in cassetta, una grande soddisfazione per me che ero, e tuttora sono, una hobbysta delle riprese !