L’Oro Rosso di Puglia: la ciliegia Ferrovia

La 28 ° sagra della ciliegia Ferrovia di Turi torna a colorare di rosso le vie del centro storico turese con la Ciliegia più buona d’Italia: sua Maestà la Ferrovia! La manifestazione, in programma il 2 e 3 giugno, è organizzata dall’Associazione cultuale “In Piazza” in collaborazione con il Comune di Turi e il Patrocinio della Regione Puglia.

La locandina della sagra

Un evento culturale ed enogastronomico coinvolgente e ricco di novità, che unisce all’Oro Rosso di Puglia, le eccellenze, la gastronomia e la cultura del territorio.

Le ciliegie sono il prodotto che più di ogni altro caratterizza il mondo produttivo-agricolo di Turi. Tra le diverse qualità coltivate su un’area pari a quasi la metà dell’intero territorio comunale, spicca la Ferrovia, una ciliegia dalla polpa dura, sapore dolce e intenso e a forma di cuore, premiata come Ciliegia più buona d’Italia nel corso delle edizioni 2004, 2005, 2006, 2008, 2015 del concorso “C. Locchi”, organizzato ogni anno ad Orvieto da Slow-Food, Regione Lazio e Università della Tuscia.

Nel pieno periodo di raccolta le strade della piccola cittadina turese ospiteranno stand e spazi espositivi dedicati alla presentazione, degustazione e vendita del prelibato frutto rosso accanto a molteplici eccellenze pugliesi, tra cui: le paste di mandorla, i vini, l’olio, le “zampine” di vitello, i panzerotti, il Capocollo di Martina Franca, il Pane di Altamura, la Cipolla Rossa di Acquaviva. Il tutto condito da spettacoli musicali, balli e canti popolari mostre d’arte e d’artigianato, artisti di strada e, nella serata conclusiva, a una fantastica Lotteria a premi. Ricca anche l’agenda delle due mattinate, con tour nel centro storico, visita delle chiese barocche, del Palazzo Marchesale e della grotta di Sant’Oronzo.

Passeggiata tra i ciliegi in fiore

Tradizione e territorio, qualità dei prodotti, musica e folklore i principali ingredienti i questo evento che quest’anno punta a un in coming di 100.000 visite. Tutti i dettagli, i video e le immagine sono disponibili sulla pagina dell’evento: http://www.sagraciliegiaferrovia.it/

TURI NEL PIATTO, NON SOLO CILIEGE

Le prime notizie della Ciliegia Ferrovia si hanno nel 1935. La leggenda narra che il primo albero nacque da un nòcciolo di ciliegie vicino a un casello ferroviario delle Ferrovie Sud-Est. L’alberello, nato a pochi metri dai binari fu chiamato “Ferrovì”. Per alcuni anni l’albero fu curato dal casellante ferroviario dell’epoca, Rocco Giorgio. Successivamente si è diffusa sul territorio del sud-est barese fino ad arrivare a essere la principale cultivar di Turi, Casamassima e Conversano, paesi limitrofi che vantano una delle maggiori produzioni in Italia.

Le Ciliegie Ferrovia sono soprannominata “Oro Rosso di Puglia” perchè anche nell’aspetto si mostrano come degli autentici gioielli: grandi, rosse, lucenti, consistenti, saporite.

Terra della Ciliegia

La buccia è di colore rosso vermiglio, la polpa è di colore rosa. Ha una forma a cuore e un peduncolo allungato. La consistenza della polpa è di tipo forte e croccante ed ha un sapore dolce e succoso. Sono le Ferrovia, le ciliegie italiane più apprezzate ed esportate nel mondo, la sua durezza la rende infatti esportabile anche sulla lunga distanza. La ciliegia rappresenta una delle principali fonti di ricchezza per l’economia agricola del Sud-Est barese dove si distingue per la qualità e il suo ineguagliato calibro tra i 28 e 30 mm. Oggi Turi ha una superficie coltivata a ciliegio di oltre 3.700 ettari, con una produzione annuale di 100.000 quintali, pari ad 1/6 della produzione nazionale. Le Ciliegie Ferrovia, depurative, disintossicanti, diuretiche e antireumatiche, sono ricche di proprietà benefiche per la nostra salute e la nostra bellezza.

Altri prodotti tradizionali che caratterizzano la tavola di Turi sono le mandorle, l’olio e l’uva, utilizzata sia come prodotto da consumare sulle tavole che per la produzione di vino primitivo. Tra i piatti tipici, che raccontano ancora oggi la tradizione agricola del territorio, ricordiamo i trònere, braciole condite con pomodori, peperoncino e cipolla e la faldacchèa, un dolce a base di mandorle, insaporito con cannella, limone e marmellata di ciliegie o amarene.

Turi, la Torre dell’Orologio

VIAGGIO A TURI

Sui primi contrafforti dell’altopiano delle Murge, a 250 metri d’altezza, tra distese pianeggianti e rilievi collinari, pozzi, grotte e doline tipiche dei territori di natura calcarea, sorge Turi, Tùre in dialetto locale, borgo che dista circa 30 chilometri da Bari. Arroccato nella parte più alta del centro abitato, il caratteristico borgo antico conserva l’aspetto tipico dei piccoli centri mediterranei con le sue casette imbiancate con la calce, le edicole votive dedicate a vari santi, ma soprattutto a Sant’Oronzo o alla Madonna e le viuzze strette e lastricate con le vecchie chianche, come via Sant’Andrea. Queste stradine, strette e tortuose, si insinuano tra case e palazzi, dove si scoprono portali con mascheroni, balconi con ringhiere in ferro battuto, finestroni con decorazioni in pietra opera dei valenti scalpellini turesi, scalinate con pianerottolo (u’ vetterrele) che immettono al primo piano e porticine che si aprono nei sottani (u’juse). Il borgo è conosciuto per essere stato luogo di detenzione di Sandro Pertini e Antonio Gramsci. Quest’ultimo, dal carcere di Turi, scrisse “Lettere dal carcere” e “Quaderni del carcere”.

Turi, centro storico (foto di Maria Rosaria Venere)

Tùre è un borgo di origini bizantine, inserito però in un territorio abitato fin da tempi remoti, potrebbe essere stato edificato sulle rovine dell’antica Thuriae, da cui avrebbe ereditato il toponimo.
L’abitato ha seguito nei secoli le vicende storiche della sua provincia, subendo il dominio di diversi feudatari, dai principi baresi agli Acquaviva, dai Caracciolo ai Moles e ai Venusio. Dopo l’abolizione del feudalesimo, a partire dall’inizio dell’Ottocento, non ci furono vicende di particolare rilievo, fino a quando, tornato sotto il dominio dei Borboni a seguito del Congresso di Vienna, partecipò alle vicende nazionali e internazionali che coinvolsero tutta la zona. Tra gli edifici religiosi che caratterizzano l’abitato, la chiesa Matrice, dedicata all’Assunta, è quello di fondazione più antica, pur avendo subito una profonda trasformazione che gli diede l’attuale aspetto barocco.

Turi, centro storico

Il campanile, edificato intorno al 1730, la più alta torre religiosa del borgo, è caratterizzato in cima da quello che viene chiamato “cipollone”. Il visitatore rimane però maggiormente colpito dall’interno: la cappella dei Santi Medici è l’unica della chiesa Matrice a non essere stata interessata dalle trasformazioni subite dall’edificio nel settecento. Il sontuoso ingresso immette in uno spazio quadrangolare sormontato da una cupola. Sull’altare si notano tre nicchie, nelle quali si trovano le statue policrome della Madonna della Stella, dei Santi Cosma e Damiano, in alto l’Eterno Padre.

Seconda chiesa di Turi per grandezza, la chiesa di Sant’Oronzo alla Grotta, fu edificata nella prima metà del ‘700 per volere dei cittadini e dei frati del convento francescano locale dopo che venne scoperta la grotta dove, come racconta la leggenda, si rifugiò il vescovo leccese Oronzo per sfuggire alle persecuzioni dei romani. La chiesa è stata recentemente restaurata e presenta tre navate e altrettanti altari.

Turi, chiesa di Sant’Oronzo alla Grotta

Da vedere è l’imponente scala che porta alla grotta sottostante, dove si trovano un altare e un bellissimo “tappeto” di mattonelle maiolicate.

Meritano una visita anche la chiesa e il convento di San Giovanni Battista edificati poco fuori le mura urbane nella seconda metà del ‘500 per volere dei nuovi feudatari Moles, che introdussero a Turi i frati francescani e intensificarono il culto verso il Battista. Il convento fu costruito accanto ad una cappella già esistente dove i turesi veneravano una miracolosa immagine di San Giovanni, patrono della città. In seguito la chiesa fu ingrandita e modificata più volte. L’aspetto attuale le fu dato nella prima metà dell’800. Interessante, anche la chiesa di San Domenico, edificio estremamente semplice all’esterno, ma riccamente decorato all’interno. La fastosità barocca dell’unica navata è esaltata non solo dagli stucchi, dalle tele e dagli altari, ma soprattutto dal maestoso impianto dell’altare maggiore in legno dorato, con una grande tela raffigurante la “Vergine, San Domenico e Sant’Antonio”.

Turi, chiesetta di San Rocco

La chiesa, consacrata nel 1663, fu costruita insieme all’adiacente palazzo (ora Municipio) per ospitare i Padri Scolopi, chiamati a Turi dal notar Santo Cavallo. L’attuale Municipio ospitò anche le Scuole Pie che si occuparono di impartire l’educazione gratuita a tantissimi abitanti del borgo fino al 1809, anno della soppressione. Dopo i lavori di restauro, che ebbero inizio nel 1845 su progetto dell’architetto Domenico Morea, il palazzo, dotato di una nuova facciata (quella che vediamo ora), venne adibito a sede comunale.

Tra i pochissimi edifici rimasti della Turi medievale troviamo la chiesetta di San Rocco o dell’Annunziata, che per la sua particolarità strutturale è stata a ragione dichiarata monumento nazionale e rientra nelle chiese a due cupole pugliesi, perlopiù medievali; venne costruita con conci regolari di pietra tra l’XI e il XII secolo appena al di fuori del centro abitato in un’area importante perché attigua ai pozzi pubblici. Una particolarità del tetto è la copertura con le chiancarelle, tipica di tutta la Puglia di pietra, dove primeggiano i trulli.

Turi, Palazzo Marchesale Venusio

Tra il XII e XIII secolo venne poi aggiunto il campaniletto a vela. La semplice e lineare architettura è ingentilita da un bel portale rinascimentale terminante con un fine timpano. L’unica decorazione dell’edificio, che si presenta alla vista uniforme e compatto, è una serie di denti di sega posti su due file. Il 25 aprile, la chiesetta è al centro di una particolare processione detta del “passa passa”, durante la quale bambini infiocchettati e accompagnati dai padrini, seguono l’effige dell’Annunziata nei tre giri che compie intorno allo stesso edificio.

Simbolo del periodo medievale è anche il Palazzo Marchesale, risalente all’epoca del normanno Tommaso da Frassineto (XI-XII sec.), primo dominus di Turi. L’edificio venne ampliato dagli Svevi e dagli Angioini ma, solo a partire dalla metà del Cinquecento, con il nuovo feudatario Francesco Moles, assunse le fattezze di fortezza difensiva, con l’aggiunta di torri e corpi di fabbrica. Nel Settecento, con il passaggio del feudo a Ottavio Venusio di Matera, fu in parte demolito e trasformato nella dimora barocca che ancora oggi possiamo ammirare, caratterizzata dal monumentale ingresso nella bella piazza cap. Colapietro. Negli ultimi anni del ‘900 la dimora feudale, fatta oggetto di ampi lavori di restauro, è stata destinata a struttura turistico-alberghiera.

Turi, il Municipio

La Torre dell’Orologio risalente al 1892, realizzata dal mastro scalpellino Giuseppe Schettini, su progetto dell’architetto Sante Simone, è il “simbolo laico” di Turi: inizialmente l’orologio avrebbe dovuto essere posizionato in una torretta sulla facciata del Municipio ma, per problemi di staticità, si decise di costruire la Torre in fondo a Via Maggiore Orlandi, a fianco dell’ex chiesa francescana di San Giovanni Battista. La collocazione della Torre in stile liberty non fu casuale, ma ricercata. Infatti in virtù del suo utilizzo doveva essere visibile da quanti più punti d’osservazione possibile. La particolarità della macchina costruita per la torre di Turi, che la distingue dalle altre, è quella di azionare non uno, ma bensì tre quadranti posti in direzioni diverse. Tutto ciò contribuisce a renderla una tra le più belle torri dell’Orologio, della Terra di Bari.

I dintorni del borgo si caratterizzano per la presenza di masserie: in particolare, segnaliamo la masseria Caracciolo, la masseria Petrosino e la masseria Musacco-Gonnelli. 

Turi, masseria Caracciolo

La Masseria Caracciolo è la più caratteristica delle tante che costellano l’agro turese. Situata ai margini della statale per Putignano, la si riconosce facilmente per le quattro torrette con cupolette semisferiche orientaleggianti poste agli angoli, “firmate” dalle iniziali padronali, realizzate con i piccoli fori d’ingresso alle colombaie. L’aspetto è di un solido edificio fortificato, con tanto di caditoie, ingentilito da qualche decorazione; all’interno, suggestivi sono i bassi camminamenti “segreti”, con botole e “trappole”, utilissimi per la difesa contro l’attacco nemico. Forse di origine medievale, la masseria-fortezza dei Caracciolo fu ampiamente ristrutturata nel ‘700. Qui tutto è sobrio, contadino, a ricordarci che prima di essere una fortezza la Caracciolo era una “fattoria” agricola. La Masseria Petrosino, con i suoi caratteristici tetti a cuspide ricoperti di chiancarelle, sorge nella zona meridionale del territorio comunale di Turi, su una delle alture collinari che delimitano il “Canale di Frassineto”, l’antico confine del feudo di Turi, dove ora confluiscono i territori di Putignano, Sammichele, Gioia e Turi.

Turi, masserie Musacco

L’edificio rurale è immerso nel bel paesaggio circostante, vicinissima ad altre interessanti masserie (Annunziata, Annunziatella, Ospedale, San Domenico) tra le quali è stato ultimamente localizzato l’antico casale medievale di Frassineto.

La Masseria Musacco-Gonnelli, oggi purtroppo in abbandono, nonostante il vincolo posto dalla Soprintendenza, presenta tutte le caratteristiche di un fortilizio. Forse sorto nel ‘500 ma ampiamente trasformato nel ‘700 in residenza rurale; il corpo principale, in parte crollato, si presenta ancora imponente, in fondo all’ampio piazzale, delimitato da un’alta recinzione, al quale si accede tramite un arco settecentesco. Nei pressi, i resti di una zona boschiva occupano il letto alluvionale di una lama; interessante, ai limiti della macchia, è la neviera, un raro e quindi prezioso reperto di archeologia industriale ancora in buono stato di conservazione.