Un successo oltre le aspettative degli stessi organizzatori, quella dell’Infiorata del Corpus Domini, svoltasi domenica 18 giugno a Diano Castello, in provincia di Imperia, in Liguria. Dalle 15.30 alle 21, lungo le vie del centro storico, sono stati realizzati disegni a tema religioso con i petali di fiori, una decorazione che ha fatto da scenario alla tradizionale processione religiosa serale. Quest’anno sono stati utilizzati 8.000 gerbere, circa 30.000 rose, 2.000 garofani, oltre a bouganvilles, erba di sfalcio e altri materiali necessari alla realizzazione dei disegni dell’Infiorata.
“Ancora un grazie ai fornitori che ci hanno regalato gran parte dei fiori – tengono a ribadire gli ideatori dell’Infiorata – ai trasportatori, ai volontari (dai più piccini ai più anziani), senza il cui aiuto nulla sarebbe stato possibile, al paese per il sostegno, al Comune che ha finanziato parte dell’opera con un significativo contributo. L’appuntamento è già fissato per la prossima edizione programma per il 3 giugno 2018”.
A raccontarci questo evento, tanto atteso dalla cittadinanza del borgo ligure e non solo, sono gli stessi ideatori dell’Infiorata di Diano Castello, ovvero Massimo, Mara, Roberta e Monica: “L’idea è nata nel 2011 un po’ per per gioco: abbiamo pensato di preparare, con sorpresa di tutti, un tappeto floreale davanti alle nostre abitazioni: l’idea è piaciuta a tutto il paese e così l’anno successivo abbiamo deciso di aumentare lo spazio adibito all’Infiorata e l’anno dopo la porzione decorata con fiori e petali era ancora maggiore.
Dal 2014 viene allestito quasi interamente il percorso della processione, circa 500 metri, con greche che fungono da passatoia per il sacerdote alternate a motivi geometrici o disegni a mano libera. Da quattro persone, via via, i volontari sono aumentati fino ad arrivare a 40/50 persone negli ultimi anni, ognuno con le proprie mansioni: chi disegna, chi mette la terra, chi mette i fiori, chi bagna i fiori in continuo, chi porta trasporta i materiali, chi fa pulizia continuamente, …. è un lavoro a volte faticoso, ma che concede ai volontari la grande soddisfazione di ammirare l’opera terminata e, al contempo, di ricevere la gratitudine da parte di tutto il paese”.
“Il Comune finanzia gran parte dell’acquisto dei fiori ma anche i cittadini contribuiscono all’Infiorata devolvendo ogni anno il proprio piccolo o grande contributo, così possono essere acquistati altri fori e vari materiali necessari alla realizzazione dell’Infiorata – continuano i quattro compaesani – L’attività comincia parecchi mesi prima: occorre infatti studiare i disegni (sempre diversi da un anno all’altro, mai una replica), le greche, i disegni sacri, poi bisogna contattare con notevole anticipo i fioristi che purtroppo ogni anno fanno sempre più difficoltà a reperire i petali di rose (che è il prodotto maggiormente usato).
Attualmente ne servono circa 140 chili, ovvero migliaia di rose visto che i petali pesano ben poco ! e poi occorrono le ginestre, raccolte dai volontari, l’erba di sfalcio dei prati già sminuzzata, bouganvilles, garofani, altri fiori ed erbe adatte al decoro, poi il tutto viene conservato, già una settimana prima dell’evento, nelle celle frigorifere. La mattina dell’Infiorata cominciamo a disegnare l’intero percorso utilizzando i gessi a cera, poi, nel primo pomeriggio si contornano i bordi dei disegni con il terriccio, quindi si stendono i fiori, sperando non si sollevi il vento, altrimenti andrebbe tutto a monte!! Una volta ultimata l’opera, si pulisce, si raccoglie tutto il materiale avanzato e si aspetta la processione serale.
Tantissimi i volontari che partecipano all’Infiorata di Diano Castello: giovani, anziani, cristiani, musulmani e cittadini di altre religioni, tutti danno una mano, ognuno per quello che può. Alla fine, passata la processione…. scopa in mano e via ! tutto finito ! All’anno prossimo…
STORIA DELL’INFIORATA
La tradizione dell’Infiorata è nata a Roma nella prima metà del XVII secolo come espressione della cosiddetta festa floreale. Si ritiene, infatti, che la tradizione di creare quadri per mezzo di fiori, petali ed erbe decorative, fosse comparsa nella basilica vaticana ad opera di Benedetto Drei, responsabile della Floreria vaticana e di suo figlio Pietro, i quali avevano usato “fiori frondati e minuzzati ad emulazione dell’opere del mosaico” il 29 giugno 1625, festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma. Pochi anni dopo, nel 1633, un altro quadro floreale venne realizzata da Stefano Speranza, uno stretto collaboratore del Bernini. Oreste Raggi informa che, morto Benedetto Drei, fu proprio Bernini a succedergli, e che “da Roma quest’arte si divulgò”.
La tradizione barocca delle decorazioni floreali era stata adottata già nel XVII secolo nelle località dei Castelli romani probabilmente per gli stretti legami di questo territorio con Gian Lorenzo Bernini, il principale artefice di feste barocche. A Roma la consuetudine delle Infiorate dovette scomparire alla fine del secolo XVII; nei Castelli romani continuò ancora nel XVIII secolo, come informa un manoscritto anonimo del 1824 conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e stampato solo di recente.
La prima Infiorata allestita per la festività del Corpus Domini risale al 1778 (anno in cui vennero allestiti alcuni quadri floreali nella via Sforza di Genzano) oppure al 1782 (anno in cui un tappeto coprì l’intera via senza soluzione di continuità). Da allora le località in cui si allestiscono infiorate in occasione nella ricorrenza del Corpus Domini sono numerose, specialmente in Italia centrale, ma anche dell’estero. Fra quelle fuori Italia merita di essere ricordata l’Infiorata dell’Orotava, nelle Isole Canarie, in quanto i quadri sono ottenuti con la posa di erbe colorate, anziché petali di fiori.
In alcune località non italiane (per esempio Kōbe, in Giappone) da qualche anno si allestiscono Infiorate sul modello di quelle tradizionali, ma prive di legame con le festività religiose cristiane.
VIAGGIO A DIANO CASTELLO
Come in altri borghi della zona, il centro storico di Diano castello è circondato dal verde, con palme e ulivi secolari allineati nelle terrazze degradanti verso il mare; l’olio che si produce e noto per la qualità e il sapore equilibrato. Ugualmente diffusa è la coltivazione della vite, dalla quale si ricava in prevalenza Vermentino, un bianco dal colore dorato molto adatto per accompagnare i piatti locali. Tra i vari comuni della zona, Diano Castello è uno dei più ricchi di testimonianze artistiche del passato.
Costruito nel Medioevo a controllo del territorio sottostante, il borgo sorge arrampicato sulle alture del contrafforte che divide la valle del San Pietro da quella del Varcavello e domina dall’alto gran parte della piana costiera. Le origini di Diano Castello hanno radici antiche: in epoca preromana qui si estendeva il Lucus Bormani, il bosco sacro, poi, quando fu tracciata la via Julia Augusta, vi sorse una mansio di posta.
Non si sa con precisione quando gli abitanti della piana, per fuggire dagli attacchi dei barbari e dei saraceni, si siano ritirati sulle alture dando vita al primo nucleo dell’attuale paese: Castrum Diani. Citato in un documento del 1033 come pertinenza del Comitato di Alberga e quindi sottoposto al Vescovo Ingauno, il borgo divenne, all’inizio dell’XI secolo, dominio dei Marchesi di Clavesana da cui si riscattò nel 1172 diventando libero comune. Dal 1228 la cittadina entrò a far parte della sfera di influenza della Repubblica di Genova a cui fornì un prezioso aiuto durante la battaglia della Meloria nel 1284 che vide la disfatta pisana a vantaggio di una supremazia genovese nel mar Mediterraneo: una galea armata dalla gente del paese partecipò allo scontro con la flotta di Pisa e si distinse per coraggio, tanto da far meritare a Diano Castello il titolo di Magnifica.
Sempre in epoca medievale si diede vita alla costituzione della Comunitas Diani, un’unione indipendente dei principali borghi della valle Dianese, ma sempre sotto l’orbita di influenza genovese, i cui statuti del 1363 sono ancora oggi conservati. Con il progressivo cessare delle scorrerie dei pirati la popolazione cominciò ad abbandonare le alture per tornare sulla costa, dove più fiorenti erano i commerci, e Diano Castello perse gradatamente il suo ruolo di punto di riferimento per l’intera vallata in favore di Diano Marina della cui Podesteria, in età napoleonica, entrò a far parte.
Caduta, nel 1797, la Repubblica di Genova, la nuova municipalità di Diano Castello rientrò dal 2 dicembre di quell’anno nella Repubblica Ligure. Dal 28 aprile del 1798 fece parte del IV cantone, con capoluogo Diano Marina, della Giurisdizione del Capo delle Mele e dal 1803 centro principale della Giurisdizione degli Ulivi. Annesso al Primo Impero francese dal 13 giugno 1805 al 1814, fu inserito nel Dipartimento di Montenotte. Nel 1815 il territorio fu inglobato nel Regno di Sardegna, così come stabilì il Congresso di Vienna del 1814, e successivamente nel Regno d’Italia nel 1861. Dal 1859 al 1926 il territorio fu compreso nel II mandamento di Diano Marina del circondario di Porto Maurizio facente parte della provincia di Porto Maurizio (poi Provincia di Imperia, dal 1923). Nel 1871 la frazione di Paradisi venne distaccata da Diano Castello e aggregata al comune di Diano Marina. Il borgo subì notevoli danni strutturali alle case e ai monumenti artistici durante il terremoto del 1887. Al 1923 risale la soppressione della municipalità castellotta e il conseguente accorpamento al comune di Diano Marina; nel 1925 venne ricostituito l’ente comunale di Diano Castello.
Immerso nel verde dei boschi e degli uliveti, non lontano dal mare, Diano Castello unisce la felice posizione in cui sorge alla suggestione del suo centro storico in cui si respira intatta l’atmosfera dell’antico borgo fortificato, con stradine anguste che corrono tra le case costruite strette l’una all’altra in un efficace sistema difensivo. Il borgo era dotato anche di una cinta muraria di cui, nonostante sia andata largamente perduta, si può ancora intuire il tracciato: essa era aperta da quattro porte, quella della Marina, a sud, quella del Borgo a nord, quella del Portello di San Pietro a est e quella del Mercato a ovest, ed era rinforzata da alcune torri di cui resta parzialmente riconoscibile solo quella in via delle Torri, oggi trasformata in abitazione.
Tra i vari comuni della zona, Diano Castello è uno dei più ricchi di testimonianze artistiche del passato. Ciò si deve all’importanza che il borgo ha avuto per secoli, quando era il cuore dell’intero comprensorio; un predominio iniziato già in epoca feudale, con i marchesi Clavesana, e continuato anche sotto il successivo dominio genovese. Per rendersi conto del peso che il borgo aveva in passato è possibile iniziare la visita dell’abitato da piazza Quaglia, dove si trova la loggia municipale al cui interno è raffigurato lo stemma del grifone, simbolo della comunità dianese, la Communitas Diani, con i nomi dei borghi un tempo sottomessi alla sua giurisdizione. Sulle pareti del loggiato, un pannello riproduce ancora la pianta dell’agglomerato urbano secondo la descrizione settecentesca di Matteo Vinzoni. Da piazza Quaglia in breve si raggiunge piazza Matteotti su cui prospetta la parrocchiale intitolata a San Nicola da Bari: la chiesa medievale che sorgeva in luogo dell’attuale svolse, a partire dal 1223, funzione di pieve e fu dunque la chiesa più importante della zona. L’edificio attuale, che si deve al rifacimento barocco settecentesco ad opera di Giovan Battista Maravaldi e di suo figlio Giacomo Filippo, conserva all’interno alcuni interessanti altari marmorei, testimonianza di un forte legame artistico tra maestranze genovesi e lombarde, un Crocifisso attribuito ad Anton Maria Maragliano e un coro ligneo del XVIII secolo.
Particolare e molto articolata è la storia settecentesca di questa chiesa. Nel corso di una riunione avvenuta l’8 settembre del 1698 tra alcuni rappresentanti della comunità di Diano Castello ed i massari della locale chiesa si decise per l’edificazione di un nuovo luogo religioso, intitolato al santo barese e i cui lavori furono affidati alla progettazione dell’architetto Marvaldi. Dai fratelli Agostino Nicolò e Leonardo Temesio fu acquistata per la somma di 1.200 lire genovesi la casa e il terreno nei pressi dell’erigenda chiesa e nel settembre del 1699 si poté dare inizio ai lavori. Durante l’opera di costruzione si registrarono però alcune difficoltà legate al reperimento delle pietre necessarie alla realizzazione della struttura, tanto che la comunità castellotta dovette rivolgersi al Vescovo di Albenga, Giorgio Spinola per l’uso del materiale proveniente da una vecchia costruzione, quest’ultima appartenente alla cappellania precedentemente concessa dal prelato al chierico Bartolomeo Bottino. Intorno al 1702 fu ultimata la sacrestia e il 7 agosto del 1704 fu firmato il contratto tra i massari e il maestro Gerolamo Gravano per la fornitura di altri mattoni.
I lavori di edificazione si strascinarono molto nel tempo tanto che solamente nel 1725 si portò a compimento la struttura, sia pur con alcune mancanze come la pavimentazione. A Giacomo Filippo Marvaldi fu affidato l’incarico di eseguire, nel 1726, la trabeazione e i capitelli delle lesene interne e la cantoria dove, successivamente, venne collocato l’organo costruito da Gerolamo Amoretti di Albenga.
Sulle strade del paese si affacciano alcuni eleganti edifici, testimonianza della prosperità conosciuta in passato da Diano Castello. Il Comune ha sede nel palazzo Quaglia, costruito nel XV secolo, che ingloba anche una torre merlata un tempo adibita a prigione: l’affresco seicentesco sulla facciata raffigura la battaglia della Meloria, a ricordo dello scontro tra Genova e Pisa a cui parteciparono alcuni abitanti del paese. Pochi passi fra le case del borgo e si arriva alla bella chiesa romanica di Santa Maria Assunta, costruita nel XIII secolo, mentre al periodo barocco risale l’edificazione dell’attiguo campanile: meritevole di particolare attenzione è la zona absidale, decorata da archetti pensili poggianti su peducci antropomorfi, tipici di altri luoghi di culto del periodo nel Ponente ligure.
All’interno recenti restauri hanno reso nuovamente leggibili gli affreschi quattrocenteschi di Antonio Monregalese. Presa via Borgo si esce dal nucleo murato, passando per quel che rimane della porta di San Pietro e si raggiunge la chiesa di San Giovanni Battista: la primitiva costruzione, risalente al Mille, fu modificata nel XII secolo, quando l’impianto ad aula unica sostituì quello tripartito originano. Di grande interesse, seppure fortemente restaurata nell’Ottocento, è la copertura a capriate lignee risalente al XV secolo, in cui sono inserite numerose tavolette dipinte con il ciclo del mesi, i lavori dell’uomo nella campagna e le rappresentazioni dei santi. Vicino alla chiesa si trova l’oratorio di San Bernardino e Santa Croce, ricostruito nel XVII secolo, ma di origini più antiche, come rivela l’affresco con l’Annunciazione che decora la parete sud e che si deve ai fratelli Tommaso e Matteo Bisacci da Busca. L’ormai prossima Infiorata sarà l’occasione giusta per visitare e conoscere le belle artistiche e naturali di questo piccolo angolo di Liguria.