
Il borgo di San Martino al Cimino
Nella suggestiva cornice del borgo laziale sarà possibile trascorrere due fine settimana in allegria, rivivendo l’atmosfera ed i sapori del passato legati alla tradizione contadina. Padelloni pronti e cataste di legna accumulate per il taglio del nastro della 30^ edizione della festa della castagna a cui si abbina la 2^ edizione della sagra del fungo porcino.

Caldarroste a San Martino al Cimino
L’evento, che intende promuovere una serie di iniziative specifiche mirate alla diffusione e alla valorizzazione dei due prodotti principe dell’economia locale, è organizzato dalla Pro Loco di San Martino al Cimino con il patrocinio del Comune di Viterbo. Per due fine settimana, il 14, 15, e il 21, 22 ottobre nella frazione di Viterbo si gusteranno caldarroste, funghi e tutti i sapori del bosco d’autunno, di cui questo territorio è, da sempre, zona di produzione privilegiata. Alla sagra sono presenti esclusivamente e rigorosamente le castagne del paese: la marrone (la femmina). Per tutte le quattro giornate il Palazzo Donna Olimpia Pamphilj apre alle visite guidate dopo tanti anni di chiusura.
La Sagra di San Martino al Cimino è una delle manifestazioni più consolidate del territorio ed ogni volta è in grado di attirare un elevato numero di visitatori, richiamati sia dalle prelibatezze disponibili nei vari stand presenti, sia dai tantissimi eventi in calendario: mercatini, animazione per bambini, giocoleria, musica e mangiafuoco, falconeria e molto altro. Assolutamente da non perdere le deliziose caldarroste preparate in piazza all’interno di enormi padelloni ed accompagnate da piacevole vin brulè.

Funghi porcini
L’aspetto enogastronomico della manifestazione è curato anche dai rinomati ristoranti di San Martino al Cimino che, in occasione della sagra, proporranno menù a base di funghi porcini e castagne ad un prezzo convenzionato.
IL PROGRAMMA NEL DETTAGLIO: sabato 14 ottobre, tra Piazza Nazionale e Piazza Mariano Buratti, a partire dalle 10.30 apertura della sagra, cottura e distribuzione di castagne e vin brulè e apertura stand gastronomici della Pro Loco con piatti tipici e mercatini artigianali e del Museo dell’Abate (permanente). Svariate le attività d’intrattenimento dai giochi in legno alla giostra ecologica, all’allestimento del “Bosco Autunnale” a cura del vivaio Paparozzi, dall’escursione storico-naturalistica alle visite guidate a Palazzo Doria Pamphilj. Nel pomeriggio, a partire dalle 15, esibizione delle sbandieratrici e del Gruppo Storico Musicale Città di Viterbo; i figuranti itineranti La Contesa; dimostrazione di ricerca sotto macerie a cura dell’Unità Cinofila; in serata dalle 19, spettacoli di danza e musica dal vivo con il gruppo Hotel Supramonte.

Palazzo Doria Pamphilj
Domenica 15, al programma mattutino del giorno precedente si aggiungono dalle 10.30 l’esibizione per grandi e piccini di tiro con l’arco con la Compagnia Balestrieri Città di Amelia; dalle 16.30 spettacolo dei Falconieri in Piazza Duomo e sagrato della chiesa; alle 17 a Piazza Nazionale esibizione di Mammo Rappo; dalle 17.30 in Piazza Mariano Buratti, conferenza “I funghi della Tuscia”; alle 18, spettacolo di cabaret con Alessio Avitabile e dalle 20.30 esibizione del gruppo musicale Blues for Rent. Sabato 21, al programma mattutino del week end precedente si aggiungono, dalle 15, in Piazza Mariano Buratti la rappresentazione teatrale “I Templari a Viterbo” a cura de “La Contesa”; dalle 16.30 esibizione delle Sbandieratrici e del Gruppo Storico Musicale Città di Viterbo; dalle 17.30 a Palazzo Doria Pamphily, la castagna dei monti cimini “Panorami e prospettive”; dalle 19 sempre in Piazza Mariani Buratti, esibizione del gruppo 4×4 e dalle 20.30 del gruppo Ramiccia. Domenica 22 al programma mattutino del giorno precedente, si aggiungono dalle 10.30 l’esibizione in Piazza Nazionale della Compagnia Balestrieri Città di Amelia di tiro con la balestra; dalle 11, sfilata di auto 500 a cura del “Cinquecento Tuscia Club”;

Caldarroste a San Martino al cimino
dalle 15 esibizione delle Sbandieratrici e del Gruppo Storico Musicale Città di Viterbo; dalle 16 rappresentazione teatrale “I Templari di Viterbo” in Piazza Mariano Buratti; dalle 16.30 spettacolo dei Falconieri in Piazza Duomo e sagrato della chiesa; dalle 17.30 lungo le vie del paese spettacolo musicale Lesto Funky e gran finale dalle 20 in Piazza Mariano Buratti con l’esibizione del gruppo musicale King’s Cafè, cover band ufficiale del grande e Elvis.
SAN MARTINO AL CIMINO
Il paese sorge a circa 560 metri di altitudine sul versante sud dei Monti Cimini e da qui deriva per l’appunto il nome “al Cimino”. La sua ubicazione, a pochi chilometri da Viterbo in territorio Laziale e vicinissima al Lago di Vico, della cui riserva naturale il paese è parte integrante, ne fa un centro particolarmente interessante per chi vuole trascorrere qualche giorno di relax in un posto tranquillo e lontano dal caos cittadino, un luogo impreziosito dalla presenza di fitti boschi e da un’incantevole posizione geografica con vista panoramica sulla piana viterbese. San Martino al Cimino si trova inoltre lungo il percorso della storica via Francigena, antica strada percorsa dai pellegrini che dalla Francia giungevano a Roma.

La grande vetrata della facciata dell’Abbazia di San Martino al cimino
Furono i monaci cistercensi di Pontigny a gettare le prime fondamenta del borgo, edificandovi l’Abbazia di San Martino, laddove già esistevano resti di un edificio precedente, probabilmente anch’esso religioso. Era il lontano XIII secolo e iniziava così la storia di un piccolo centro che poco dopo, grazie all’intervento di Papa Innocenzo X Pamphilj, sarebbe divenuto un Principato.
L’abitato, suggestivo centro medioevale della Tuscia, cresciuto intorno all’abbazia cistercense, fu riadattato nel XVII secolo secondo il gusto dell’epoca, ma ha conservato molti aspetti della struttura urbanistica preesistente, compresa la sua cerchia di mura.

San Martino al Cimino, le casette a schiera
Il centro storico è accessibile mediante due porte nelle mura collegate da una strada che attraversa tutto il piccolo paese. Addossate alle mura, quasi a sostenerle, vi sono una serie di casette a schiera a due piani con scala interna, tutte uguali tra loro ma a degradanti in un bizzarro gioco di simmetrie; ogni otto case si apriva un tempo un passaggio oggi chiuso che conduceva al camminamento lungo le mura. La porta principale di accesso al borgo è Porta Viterbese, fiancheggiata da Palazzo Lanci e dalla chiesa di Sant’Antonio, con l’annesso convento; diversi lungo la via gli edifici di epoche passate, come Palazzo Widmann, Palazzo Raggi e Palazzo Maidalchini. La via termina nello spiazzo dove si ergono la chiesa di San Martino con il suo convento ed il seicentesco Palazzo Doria Pamphilj.
La costruzione di Palazzo Doria-Pamphilj, sugli antichi ambienti dell’Abbazia, si deve alla principessa Olimpia Maidalchini (1594-1657) più nota come Donna Olimpia, vedova del marchese Pamphilio Pamphilj e cognata di papa Innocenzo X, dal quale ebbe il titolo di Principessa di San Martino al Cimino.

San Martino al Cimino, Palazzo Pamphilj
Per la trasformazione radicale del tessuto urbano di San Martino al Cimino, la nobildonna chiamò Francesco Borromini e Marc’Antonio De’ Rossi che si occuparono del restauro dell’Abbazia, dei due campanili, delle mura perimetrali, delle porte di accesso al borgo e delle sue abitazioni ad uso del popolo e della nobiltà. Vennero create anche botteghe, osterie e locande, in modo che il borgo potesse essere praticamente autonomo, una piccola cittadina. La principessa aveva esentato i sudditi dal pagamento delle tasse, voleva essere benvoluta creando attorno a sé un nutrito stuolo di sudditi, al punto da stabilire una dote alle ragazze che dopo il matrimonio avessero scelto di rimanere nel paese
Il centro urbano fu strutturato con case addossate le une alle altre e schierate in funzione della grande Abbazia e del Palazzo usato originariamente dai monaci e trasformato, in quest’occasione, in un sontuoso palazzo signorile utilizzando materiali provenienti dalla ristrutturazione del palazzo di famiglia in piazza Navona a Roma. L’intera realizzazione viene oggi definita un esperimento urbanistico ante litteram: i costruttori del palazzo di corte furono gli stessi che poi acquistarono le case a riscatto, costruite mano mano attorno ad esso: i primi esempi di costruzione pianificata. Una curiosità: all’interno del secentesco Palazzo Doria-Pamphilj, riaperto di recente dopo un lungo restauro, è possibile vedere una vera e propria rarità, infatti il soffitto a cassettoni della stanza da letto di Olimpia Maidalchini, ha una particolarità comune soltanto ad altri due palazzi in Europa, che è quella di potersi abbassare tramite un sistema di carrucole, per ridurre il volume totale della stanza, favorendone il riscaldamento.

l’Abbazia di San Martino al Cimino
Svettante tra i fitti castagneti dei Monti Cimini, l’Abbazia di San Martino al Cimino sorge in posizione sopraelevata rispetto alla carrozzabile. L’avvio della costruzione del complesso abbaziale risale forse al 1150 anche se all’interno della chiesa è riportata la data del 1225, da riferire probabilmente alla sua consacrazione e fu ultimato verosimilmente, come si evince dai documenti cartacei, nel 1305. Dopo le trasformazioni subite tra il 1300 e il 1600, dell’originario impianto, che comprendeva chiostri e ambienti adibiti alla vita monastica, resta oggi solo la chiesa. Ad un certo punto della sua storia, all’Abbazia venne infatti parzialmente sostituito il Palazzo della principessa Olympia, che divenne così il centro attorno a cui “ruotavano” tutte le altre abitazioni, creando un impianto scenografico di contorno ad un nucleo più importante. L’edificio religioso presenta una facciata solenne ornata da un rosone e da una grande polifora gotica: ai lati si ergono due basse torri campanarie di aggiunta posteriore (1651-54) sormontate da cuspidi piramidali e ornate da un orologio (torre di destra) e da una meridiana (torre di sinistra). Particolarmente armonioso è il retro della costruzione con l’abside poligonale di pietra. Sul fianco della chiesa si aprono i resti del chiostro di cui non restano che poche colonne sobrie ed eleganti. L’interno, semplice ed austero, ricorda le grandi cattedrali gotiche e le abbazie cistercensi e la sensazione di religiosa spiritualità che si respira all’interno di questa chiesa è a dir poco suggestiva: la navata centrale infatti – ricevendo luce dalla grande vetrata della facciata e dall’abside – è molto luminosa ed accentua ancor più l’oscurità delle navate laterali creando un emozionante atmosfera.

San Martino al Cimino
L’abbazia è direttamente collegata con il vicino palazzo Doria Pamphilj, tramite una specie di corridoio costruito sopra un arco che collega il chiostro con la piazza retrostante la stessa Abbazia. Nella parte sottostante ci sono alcuni locali oggi sede della confraternita, all’interno dei quali, in una vela del soffitto di una piccola stanza, è raffigurato in un affresco, il castello di Montecalvello, feudo della famiglia Pamphilj e successivamente, proprietà di Donna Olimpia.

Interno dell’Abbazia di San Martino al Cimino
Nel presbiterio è custodita la tomba della Pricipessa, che morì di peste a 63 anni il 26 settembre 1657, mentre sul pavimento della navata centrale una grande lapide di marmo, dettata nel XVII secolo dalla stessa Donna Olimpia ricorda i cardinali Raniero Capocci e Francesco Piccolomini, benefattori della grande opera di ristrutturazione dell’Abbazia.
Il borgo di San Martino al Cimino dista dal centro della città di Viterbo solamente cinque chilometri ed è collegato giornalmente al centro della città dalla linea urbana dei mezzi pubblici. A sette chilometri si trova il lago di Vico, meta estiva di chi cerca un po’ di frescura.
GASTRONOMIA
Il territorio della Provincia di Viterbo è una vera e propria miniera d’oro per gli amanti della buona cucina e dei sapori decisi e genuini. La base della cucina locale è fornita dagli eccellenti prodotti del territorio, Solo per citare alcuni ricordiamo le castagne e le nocciole dei monti Cimini, l’olio extravergine di Canino, le patate di San Lorenzo Nuovo, i funghi porcini e gli ovoli, le lenticchie di Onano, i fagioli di Sutri, il pesce di lago, le carni locali. Anche le verdure crescono abbondanti e grazie al clima mite ed alle acque di ottima qualità risultano particolarmente gustose per accompagnare o completare ogni piatto tipico della Tuscia, come ad esempio la famosa acquacotta, che ha per base proprio le verdure e le erbe e viene realizzata in numerose varianti.

La Sbroscia, zuppa preparata con il pesce di lago
Anche per gli amanti del pesce questo territorio riserva delle gradite sorprese. I due grandi laghi vulcanici di Bolsena e Vico fanno omaggio di specie ittiche di primissima valenza culinaria, ottima base per svariate ricette. ll coregone alla piastra, il persico reale fritto dorato, il brodo di tinca con i tagliolini, i latterini fritti o marinati, il luccio al forno con le patate, l’anguilla del lago alla brace con l’alloro o marinata. Molti di questi pesci fanno parte della ricetta della famosa Sbroscia, una sorta di zuppa preparata con il pesce di lago.
I primi piatti della Tuscia vengono preparati quasi sempre artigianalmente con pasta fatta in casa e poi conditi con sughi robusti a base di carne o cacciagione. Lombrichelli, gnocchi, pasta straccia, fettuccine, pappardelle, ghighi possono essere preparate sia a base bianca che con sughi al pomodoro realizzati con carne locale, salsiccia o cacciagione. Sono particolarmente gustosi i condimenti per i primi piatti realizzati con la lepre, con il cinghiale, con i funghi locali o con l’ottimo suino allevato nelle campagne viterbesi. Anche la polenta fa la sua comparsa sulle tavole della Tuscia e viene accompagnata da condimenti saporiti e gustosissimi. Tra le zuppe ricordiamo quella di funghi con porcini, ferlenghi, chiodini e patate e la zuppa di farro con l’aggiunta di lardo e pancetta di maiale. L’agnello e il manzo locale, il maiale allevato all’aperto, il pollo, il coniglio sono la base di partenza per la creazione di secondi piatti di carne di grande interesse. Anche la cucina di cacciagione ha una tradizione importante nella Tuscia, visto che il territorio naturale offre la possibilità di cacciare cinghiali, lepri, beccacce.

La marrone (la femmina)
I dolci hanno una grande rilevanza con preparazioni a base di farina di frumento, uova, nocciole, castagne e noci. Da ricordare i maccheroni con le noci, la pizza di pasqua, i tozzetti, i brutti ma buoni, le ciambelle all’anice, il pangiallo, il panpepato, i ravioli con la ricotta, le frappe, le frittelle di San Giuseppe. Per accompagnare degnamente ogni piatto e preparazione della Tuscia ci sono anche ottimi vini come il famoso Est-Est-Est di Montefiascone, il Colli Etruschi viterbesi, il Tarquinia, il Vignanello rosso, tutti Doc.