Etnie, vulcani e varani giganti di isole sconosciute.
Sumba, Flores, Komodo e Rinca – tra le più sconosciute dell’arcipelago delle Piccole Isole della Sonda, in Indonesia – offrono una grande varietà di ambienti, popolazioni e scenari diversi. Sumba, con le sue bellissime spiagge e gli interessanti villaggi di cultura Marapu, con le tipiche case dai tetti altissimi disposte attorno a uno spazio centrale aperto dove sono poste le tombe megalitiche. Qui ogni villaggio ancora oggi, ospita “l’albero delle teste”, dove un tempo erano appese in esposizione le teste dei nemici sconfitti.
Flores, con i suoi piccoli e incontaminati villaggi tradizionali situati nella foresta e sulle pendici dei vulcani. Il vulcano Kelimutu, residenza degli spiriti, con tre incredibili laghi colorati all’interno del suo cratere, una delle meraviglie naturali del mondo. Komodo e Rinca, le isole coralline facenti parte del Parco Naturale Marino di Komodo, che, insieme alle poco conosciute e poco frequentate Kalong, Tatawa, Padar, ospitano i terribili varani giganti, veri mostri preistorici lunghi fino a quattro metri, oltre a mandrie di cavalli bradi, bufali d’acqua, cervi e rari uccelli.
Un viaggio tra culture sconosciute e una natura stupefacente, che si arricchisce di piacevoli giorni a bordo di una lussuosa pinisi.
Pur essendo lunga solo circa 300 chilometri, Sumba gode di due climi distinti che tagliano l’isola in due. Nel corso dell’anno la parte occidentale riceve maggiori precipitazioni che, alimentando dei piccoli fiumi, danno una connotazione più tropicale al territorio rispetto alla parte orientale e grazie alle quali abbondano risaie e piantagioni di caffè; il settore orientale ha invece una lunga stagione secca, che dura circa 8 mesi e rende il territorio più arido e con una vegetazione più simile a una savana. Viaggiare lungo le coste e attraverso i villaggi di quest’isola megalitica significa scoprire un mondo a sé per cultura e tradizioni e godere di una natura incontaminata. Leggende, tradizioni e realtà si mischiano a Sumba rendendo difficile distinguere l’una dalle altre. Ciò si avverte soprattutto entrando nei villaggi dove si è tenuti a non infrangere una serie di tabù che dovrebbero rappresentare le volontà e gli atti dei vari marapu delle uma che costituiscono la comunità. Chi volutamente infrangesse tali tabù andrebbe incontro a tremende punizioni divine. Potrà capitare che l’accesso a un villaggio venga accordato o meno solo dopo aver “letto” il fegato di una gallina sacrificata per l’occasione…. questa è Sumba.
Chiamata “Cabo das Flores” dai primi portoghesi nella metà del 500, l’isola divenne poi Flores entrando a far parte della rotta delle spezie. Nel ‘700 gli olandesi sostituirono i portoghesi come dominatori dei mari dell’est e il secolo successivo tutta l’isola entrava a far parte della VOC, ossia la Compagnia delle Indie Olandesi. Fu proprio in questi secoli di dominio straniero che le popolazioni locali vennero più o meno convertite al cattolicesimo e costrette ad abbandonare i riti tradizionali che tuttavia si protrassero in gran segreto per secoli.
Flores oggi comincia appena a essere raggiunta dal turismo. L’esplorazione delle barriere coralline con maschera e pinne è un’esperienza di primordine, tra le migliori possibili in Indonesia.
ISOLA DI SUMBA
Partiamo verso la regione più a ovest di Sumba, per esplorare l’area più tradizionale e incontaminata, con interessanti villaggi della cultura marapu immersi in splendidi scenari naturali e incorniciati da una vegetazione lussureggiante.
Visiteremo in particolare la bellissima area nei dintorni di Kodi: i villaggi e le tombe di Ratenggaro, Tosi e Wainyapu. Molti villaggi di questa zona sono prospicienti a splendide spiagge di sabbia bianca e mare turchese o sospesi tra lagune di acqua dolce verde smeraldo e una vegetazione fitta dal verde intenso. Le abitazioni tradizionali di questi villaggi si presentano con uno stile differente rispetto al resto dell’isola, in particolare si caratterizzano per i tetti più alti di tutta Sumba che possono sfiorare anche i dieci metri di altezza.
Nella parte ovest dell’isola, lungo la costa meridionale visiteremo i villaggi di Waigalli, Prai Goly, Waiwuang e Waru Wora. Tutte le case tradizionali, con le pietre tombali posizionate di fronte a esse, si trovano in cima a delle colline incorniciate in un fantastico scenario di risaie e con l’Oceano Indiano sullo sfondo.
LABUAN BAJO (ISOLA DI FLORES)
Cittadina di mare situata nell’estremità occidentale dell’isola di Flores, Labuan Bajo è il terminale della Trans-Flores Highway, la tortuosa ma spettacolare strada che taglia l’isola da est a ovest a volte serpeggiando lungo le ondulate colline e a volte tuffandosi quasi nell’oceano. L’attività principale di questa cittadina, circondata da piccole e morbide colline che entrano direttamente in mare, ruota intorno al suo porto da cui partono giornalmente barche dirette al Parco Marino di Komodo o alla ricerca degli angoli più remoti di una delle barriere coralline più belle del mondo.
Al mattino ci recheremo quindi al porto dove ci sarà ad attenderci la nostra splendida pinisi Felicia, un grande veliero interamente realizzato in teak e dotato di tutti i confort. La pinisi è un tipo di veliero che un tempo i pirati utilizzavano per le loro scorribande tra lo stretto di Malacca, il Mar di Flores e il Mar Cinese meridionale. Durante la navigazione è possibile fare snorkeling e immersioni. E’ frequentissimo incontrare, anche facendo solo snorkeling, mante giganti, tartarughe marine, squali di barriera e ogni tipo di pesce tropicale e flora marina. Bellissime passeggiate tra animali e scenari unici sull’isola di Rinca, i villaggi di pescatori dell’etnia Bajo, l’indimenticabile tramonto visto dall’isola di Kalong, l’isolotto di Tatawa, Mawan e il punto di avvistamento della colonia di mante, l’isola di Padar e la paradisiaca spiaggia rosa non sono che alcune perle di questa breve ma intensa crociera.
Le giornate nel Parco di Komodo, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, saranno uniche e decisamente indimenticabili. Qui è facile incontrare i varani giganti di Komodo (lunghi fino a 4 metri).
Scoperta solo nel 1911 da un ufficiale dell’esercito delle Indie Olandesi e catalogata l’anno successivo, questa lucertola preistorica popola le isole di Komodo, Rinca e Pandar, che costituiscono dai primi anni ’70 il Parco Nazionale di Komodo. Il Varanus Komodensis è noto oltre che per le sue misure, anche per la straordinaria aggressività ed efficacia nella caccia. Si nutre di cervi, bufali e cavalli, animali largamente diffusi nel Parco e i suoi unici veri nemici sono i cani selvatici che in branco ne stanano le uova nutrendosi dei piccoli. Nel corso degli anni sono stati riportati alcuni attacchi dei dragoni a incauti esseri umani, solitamente mortali. Certamente il loro avvistamento deve avvenire con tutte le precauzioni del caso. Durante il primo anno di vita il dragone lo trascorre sugli alberi nutrendosi di insetti ma, raggiunto il metro di lunghezza, il peso lo costringe a trasferirsi a terra trasformandosi in un implacabile predatore. Ma il Parco non significa solo dragoni. Sulle brulle colline dall’isola cosparse di palme di lontar vivono bufali d’acqua, cervi, cavalli bradi, rari uccelli che nidificano sotto terra, macachi, maiali selvatici e varie altre specie animali. La sera, stormi di gigantesche volpi volanti si stagliano contro tramonti infuocati. Il mare che cinge le isole è ricchissimo di plancton che supporta una barriera corallina sorprendente e una enorme varietà di specie marine tra cui balene, delfini e tartarughe.
LABUAN BAJO – RUTENG (LE RISAIE A RAGNATELA DELLA REGIONE MANGGARAI)
Il nostro veliero ci sbarcherà poi nuovamente al piccolo porto di Labuan Bajo per proseguire verso l’interno dell’isola lungo la Trans-Flores. Prima tappa il villaggio di Kampung Melo, appoggiato tra le colline che caratterizzano l’interno dell’isola. Qui vive il popolo Manggarai che pratica la tradizionale lotta Caci, una sorta di duello rituale eseguito da guerrieri mascherati e dalle movenze intrise di simbolismi. Si prosegue poi verso Cancar dove una piacevole sosta lungo la strada ci permetterà di ammirare da un punto panoramico gli impressionanti campi di riso a ragnatela, tradizionale metodo di coltura dell’isola. Si procede quindi nel cuore della regione Manggarai, lungo la strada che si snoda attraverso risaie e verdi colline vulcaniche, apprezzando l’ambiente naturale di Flores, davvero sorprendente e forse uno dei più ricchi e lussureggianti dell’arcipelago indonesiano.
RUTENG (L’HOMO FLORENSIS) – BAJAWA
Poco a nord di Ruteng si trova la grotta calcarea di Liang Bua, il sito di archeologia antropologica in cui nel 2003 un team internazionale di studiosi rinvenne i resti ossei dell’Homo Florensis. Questa fu un’importante scoperta scientifica che rivelò il passato preistorico di Flores e che tuttora lascia spazio a teorie sull’evoluzione della specie umana. Si prosegue per il lago Ramanese, un bacino di origine vulcanica immerso in una fitta vegetazione che funge da habitat per numerose specie di volatili. Poi la strada punta verso sud e, superato il villaggio di Borong, si effettua una sosta ad Aimere, località situata lungo la costa disseminata di vulcaniche spiagge di sabbia nera, per assistere alla produzione dell’arak, un fermentato di palma molto apprezzato dai locali. Proseguiamo quindi per la cittadina di Bajawa, famosa per la produzione di un caffè particolarmente rinomato e centro amministrativo per l’etnia più interessante di Flores: gli Ngada.
DINTORNI DI BAJANWA (VILLAGGI DELL’ETNIA NGADA, VULCANO INERIE)
I villaggi sorgono sulle pendici del vulcano Inerie che, essendo una delle cime più alte di Flores con una bella forma piramidale che sfiora i 2.250 metri, incombe su di essi creando scenari quasi drammatici. La visita all’etnia Ngada rappresenta sempre un momento straordinariamente toccante. Attraversando enormi piantagioni di bambù, col vulcano sullo sfondo, si giunge al villaggio di Luba. Da qui si prosegue a piedi fino al villaggio di Bena, rappresentativo esempio della cultura Ngada, con alcuni splendidi monumenti sacri di pietra racchiusi da due file parallele di case di paglia col tipico tetto proteso verso l’alto. Al centro del villaggio ci sono delle coppie di santuari, Ngadhu e Bhaga, che simboleggiano lo spirito ancestrale maschile e femminile e ogni coppia rappresenta gli antenati di ciascun clan. Ngadhu, l’elemento maschile, simboleggia la fierezza e la virilità mentre Bhaga, l’elemento femminile, simboleggia la casa e il corpo femminile. I megaliti presenti al centro del villaggio sono un mezzo per connettersi con il regno soprannaturale e comunicare con gli antenati, spesso con il sacrificio di animali. Guardando da vicino le case si scorgono spesso delle decorazioni con teschi e corna di bufali d’acqua e mascelle di suini, animali che sono stati sacrificati durante le cerimonie.
Il popolo Ngada è abile nella manifattura ikat, sia uomini sia donne indossano i sarong avvolti intorno alla vita e i motivi di tessitura tradizionali raffigurano solitamente animali o simboli sacri.
Con un facile trekking lungo le pendici del Gunung Inerie (in idioma locale “gunung” significa vulcano), immersi in un bellissimo ambiente naturale in cui predominano le foreste di bambù, si raggiungono i villaggi di Tololela e Gurusina.
BAJAWA – MONI (SPIAGGE VULCANICHE, L’ETNIA LI’O)
Partiamo in direzione di Moni, nella regione centrale dell’isola di Flores. Lungo la strada si può visitare il villaggio tradizionale di Boawae, dominato dall’impressionante monte vulcanico di Ebulobo, centro culturale dell’etnia Nage-Keo e rinomato per la produzione degli ikat, tra i migliori e più belli dell’isola. Si prosegue poi per la spettacolare spiaggia di Penggajawa, famosa per l’arenile ricco di ciottoli di origine vulcanica di colore blu e verde, levigati dal mare, che i locali raccolgono, dividono per misura e rivendono per essere utilizzate come decorazioni per giardini.
Raggiungiamo il villaggio di Wolotopo, a pochi chilometri da Ende. Questo villaggio è stato costruito su di una collina abbastanza ripida ed è abitato dall’etnia Li’o, di religione prevalentemente cristiana. Gli abitanti hanno mantenuto le loro tradizioni e vivono ancora nelle antiche case tradizionali. Passeggiando nel villaggio ci si farà un’idea del sincretismo religioso che si palesa nelle cerimonie e nella sepoltura degli individui in un mix di tombe tradizionali e cattoliche. Si scopriranno anche le attività tradizionali come gli splendidi manufatti ikat, particolare sistema di filatura a trama annodata e successiva colorazione dei tessuti, che qui viene praticata da quasi ogni famiglia. Nella parte più alta del villaggio si trova “keda kanga”, un piccolo edificio in legno in cui vengono custodite le ossa degli antenati, adornato da simboli tradizionali scolpiti sui pilastri lignei. Poi la “grande casa”, l’edificio in cui si radunano gli abitanti richiamati dai tamburi o dal grande gong per discutere le questioni del villaggio, e lì vicino il su’e sao, una costruzione adibita per lo svolgimento di cerimonie e rituali comuni. All’interno di questa casa c’è una zanna di elefante e una credenza locale vuole che chi abbia fatto brutti sogni si rechi al suo interno con una pietra, da posare accanto alla zanna, per pregare affinché essi non si materializzino.
I LAGHI COLORATI DEL VULCANO KELIMUTU
Il vulcano sacro di Kelimutu, con i suoi laghi colorati all’interno di tre diversi crateri, è indiscutibilmente uno dei luoghi naturalistici più belli del pianeta. Per i locali i tre laghi, ciascuno colorato diversamente (turchese, verde scuro e blu anche se negli anni possono cambiare colore, dal rosso al nero al verde acqua, per azione di particolari pigmenti), sono la dimora delle anime degli antenati, il cui spirito guida, Konderatu, grande serpente dalla testa umana, veglia nella notte a protezione del sito. E sarebbe colpa delle anime agitate se il colore dei laghi può cambiare nel corso degli anni…un fenomeno che ogni tanto accade.
Durante la ridiscesa dal vulcano si noteranno, con la luce del mattino, alcuni piccoli villaggi rurali tradizionali circondati da splendide risaie a terrazza in un ambiente lussureggiante. Un breve volo ci riporterà a Denpasar, sull’isola di Bali.
DINTORNI DI UBUD (TRA TEMPLI E SITI UNESCO)
Uno dei templi più belli e famosi di Bali è il tempio reale di Taman Ayun a Mengwi risalete agli inizi del XVII sec. ed eretto per volere della famiglia regnante che qui decise di trasferire la capitale. Il sue stile è un magnifico esempio di architettura tradizionale balinese. Tre terrazze si fondono armoniosamente l’una nell’altra, ognuna delle quali rappresenta un mondo diverso e dedicate alle forze positive e negative dell’universo. Il complesso templare è circondato da canali d’acqua e da un bel laghetto che impreziosiscono il giardino su cui si affaccia una notevole serie di meru, gli altari dai tetti multipli e irregolari. Visitiamo poi il Pura Batukaru, uno dei più grandi e antichi templi indù di Bali. Immerso in una lussureggiante foresta ai piedi del monte Batukaru, il luogo è così meditativo che i locali dicono che si possa sentire il sussurro degli dei. Non distante Jatiluwih, la località in cui secolari risaie terrazzate immerse all’ombra del monte Batukaru offrono uno scenario mozzafiato così bello da essere state inserite dal 2007 nella lista dei luoghi dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.