Dal paesaggio unico del deserto della Dancalia alle chiese rupestri del Tigray.
Un itinerario unico, che abbina gli aspri paesaggi della depressione dancala, uno dei deserti più monumentali e inospitali del Pianeta (le solfatare di Dallol e il vulcano Erta Ale), alla principale festività dei Copti. A partire dalla sera del 18 gennaio i Cristiani Copti d’Etiopia festeggiano il Timkat, la loro principale celebrazione religiosa: due giorni di festa per ricordare il battesimo di Gesù nel Fiume Giordano.
I Tablot, le tavole dei Dieci Comandamenti – copia delle originali che sarebbero conservate nell’Arca dell’Alleanza – custodite nei Sancta Sanctorum di ogni chiesa, vengono portate in processione, accompagnate da canti, balli ritmati da tamburi, fino a uno specchio d’acqua che simboleggia il fonte battesimale e posti sotto una tenda sacra. La veglia dura tutta la notte e, al mattino del 19 gennaio, i sacerdoti benedicono i Tablot e le croci, mentre i pellegrini ripetono il rito del battesimo. Spinti da un fortissimo senso religioso, i contadini partono a piedi per recarsi nelle principali chiese e santuari. Un evento da non mancare in un viaggio in Etiopia!
ADDIS ABEBA – AWASH
Addis Abeba significa “il nuovo fiore” e fu inizialmente un piccolo villaggio lungo le rotte carovaniere. La sua importanza crebbe nel 1887, quando Menelik decise di farne la sua capitale. La tradizione diceva “la capitale è dove l’imperatore pone la sua tenda”, e l’imperatore si spostava nel Paese occupando i territori in cui la disponibilità di legna da ardere permetteva una vita confortevole alla sua corte. Menelik, emulando la cultura europea, pose fine all’usanza e scelse una sede stabile. La crescita da allora è continuata ed è in continua evoluzione.
Con i fuoristrada andiamo alla scoperta del Parco di Awash, nel cui territorio si trova Hadar, dove vennero trovati i resti di Lucy, il più celebre ominide della storia dell’umanità. Si scende dall’altipiano attraverso campi coltivati e villaggi per raggiungere Awash. Area protetta, il parco e la sua valle sono patrimonio dell’umanità dal 1980. Visitiamo il parco: le cascate sul fiume e la piana degli Oryx, le pendici del vulcano Fantalè e le sorgenti calde di Filwoha.
LAGO AFRERA
Ci si avvia verso la depressione dancala: il “cammino verso l’inferno”, il “deserto più caldo del mondo dove sopravvivono solo i sanguinari Afar”… nella letteratura non sono mancati gli epiteti per descrivere questa bizzarra e stupefacente regione del nostro pianeta, dove la vita oggi è semplicemente ridotta al simbolo della vita, il sale, prezioso alimento sufficiente solo a giustificare la presenza delle carovane Afar. Attenzione: gli Afar sono un popolo fiero, interessante ed indipendente, per nulla sottomesso alle regole dell’autorità centrale. Quindi in tutta la Dancalia è d’obbligo chiedere l’autorizzazione prima di scattare una foto ad un membro di questa etnia, pena grosse ed onerose complicazioni. Orgogliosi ed alteri, arrivano in tenuta tradizionale ai mercati settimanali con cammelli, capre e sale da vendere per procurarsi le cose di prima necessità, gli occhi profondi e vivissimi a sorvegliare le donne che si occupano delle transazioni. Alle donne appartengono le capre e i montoni, mentre gli uomini si riservano il dromedario, animale nobile mai cavalcato ma spesso pesantemente caricato.
Un lungo nastro d’asfalto attraversa il territorio Danakil verso l’Eritrea e Djibouti. Poi a Serdo facciamo una deviazione verso il lago Afrera. Tribù diverse, divise per lignaggio, occupano territori ben delimitati con piccoli villaggi temporanei, i “burra”. Il potere centrale è lontano, non esiste, e la giustizia tradizionale è amministrata dall’assemblea dei capi-clan. Come presso tutti i popoli allevatori, la carne è consumata di rado, solo durante ricorrenze o riunioni importanti, mentre gallette di mais cotte in un forno scavato nel suolo, accompagnate da latte o yogurt, rappresentano la base dell’alimentazione. Gli uomini, asciutti e muscolosi, sono spesso a torso nudo, i fianchi avvolti in un panno tinta ecru tenuto da una larga cintura dai molteplici scomparti, dove sono alloggiate cose indispensabili alla sopravvivenza come lamette e fiammiferi. Sul fianco, tenuto da un legaccio in cuoio, riposa il “gilè”, il celebre coltello. Le donne prima del matrimonio vanno a seno scoperto, drappeggiate dalla cinta ai piedi in tessuti colorati di cotone, mentre poi porteranno una leggera garza di tulle nero sulla testa e sui seni. Fronte e gote a volte sono scarificati, polsi e caviglie sono ornati di braccialetti, mentre intorno al collo file di perline multicolori si mischiano ad oggetti dagli insospettabili poteri magici. La capigliatura è oggetto di una cura e di un gusto particolari e viene suddivisa in finissime trecce raccolte ed elaborate con perline e piccoli vetri. Lo sguardo è intensissimo, le occhiate fulminanti. Convertiti all’Islam da lungo tempo, pare dall’ottavo secolo secondo le tradizioni locali, gli Afar sono poligami e le fanciulle, sembra ancora oggi, sono sottoposte all’infibulazione.
Ma ecco il lago Afrera, specchio d’acqua salmastra circondato da rocce basaltiche che una volta si chiamava Giulietti. Una misera oasi di palme dum è sorta negli anni attorno alle saline ai bordi del lago pullulanti di lavoratori.
LA SALITA ALL’ERTA ALE
Numerosi gli insediamenti Afar prima di sbucare nella piana desertica di Dodom battuta dal vento. Arriviamo infine a Ksrawat, dove si deve sostare per espletare le formalità e organizzare la salita alla vetta del vulcano. Comincia l’avvicinamento alla caldera dell’Erta Ale, “la montagna che fuma”. Raggiunto il campo base, si aspettano i cammelli e si prepara il carico: sono necessarie circa quattro ore di cammino per salire dalla depressione di meno 70 metri a una quota superiore ai 500 metri. Il campo base viene montato ai piedi del vulcano e ciò permetterà di partire alle prime luci dell’alba e proseguire con temperature non eccessive fino ai bordi del cratere. Lo spettacolo è impressionante e vale da solo il viaggio: si scende fino allo strato più recente di lava, un vero palcoscenico sulla maestosità e potenza del vulcano, mentre il lago di magma ribolle, ondeggia ed esplode con fragore ipnotizzando gli sguardi. Mirabolante di giorno, al tramonto si accende di fuoco, infernale, sovrumano… Travolgente nel suo pathos il contatto con la sfera più intima e più viva della Terra, con le viscere brucianti, impossibili eppur fascinose, antichissime eppur in continua evoluzione del nostro pianeta. Che notte sul bordo del cratere, cullati dal rombo sordo e dalla luce rovente!
LA PIANA DEL SALE – DALLOL – MAKALLE’
All’alba si ridiscende al campo base. La Dancalia è ai nostri piedi: in lontananza le montagne dell’altopiano etiopico disegnano l’orizzonte mentre verso oriente, le Alpi Dancale segnano il confine con l’Eritrea. Minuscole comunità Afar, ciuffi di palme dum e piccole dune introducono alla vera e propria Piana del Sale, 130 metri sotto il livello del mare. Una manciata d’individui si dedica qui all’estrazione del sale durante l’inverno, mentre durante l’estate il territorio viene quasi abbandonato a causa del caldo soffocante. Una breve pista raggiunge un deserto bianco, sconfinato e abbagliante. Al centro della piana uno sperone di roccia rossastra, una concrezione salina formata da solfato di magnesio, sorge come una piccola isola dal mare di sale che la circonda. Qui intorno, una volta estratto, il sale viene tagliato in blocchi, mentre i cammelli sostano nei pressi dell’immensa cava in attesa.
Quando il sole comincia a calare è il momento in cui le carovane si rimettono in cammino e cominciano il viaggio verso l’altopiano. Magico! Centinaia e centinaia di cammelli si snodano in file tortuose nella luce crepuscolare, stagliandosi su orizzonti lattiginosi e tremolanti, riflettendosi nelle basse acque del lago Asale. Gli occhi feriti, le membra, i sensi finalmente si riposano, esausti. Il giorno successivo facciamo un’escursione ad uno dei luoghi più magici dell’Africa: Dallol, “il luogo degli spiriti”, dove gli italiani negli anni ’30 costruirono una piccola base mineraria per l’estrazione del potassio. Dallol, un’incredibile e irreale collina alta una cinquantina di metri nel cuore della Dancalia, un inselberg vulcanico cresciuto sulla crosta salina della depressione dancala. Qui piccoli geyser e fumarole in perenne attività scolpiscono merletti fragilissimi, sculture multiformi e trasparenze. Il paesaggio si trasforma continuamente prendendo forme e colori irreali tra i fumi di microscopici coni vulcanici: una vera malìa. Un laghetto borbotta schizzando un liquido giallo ed oleoso, il sale si scioglie in croste croccanti e trine finissime.
Dappertutto l’erosione ha creato paesaggi quanto mai improbabili e piccoli angoli d’impossibile bellezza. È un mondo di meraviglia, che neanche l’artista più estroso può immaginare! Poi ecco Ahmed Ela, “il pozzo di Ahmed”, insediamento di minatori e disperati sulla rotta delle carovane del sale, porta d’uscita per una risalita tra gole spettacolari sull’altopiano del Tigray. Il clima cambia completamente: dal caldo della depressione all’aria fresca e frizzante delle ambe.
LE CHIESE DEL TIGRAY
Visitiamo quindi alcune delle meravigliose chiese costruite tra il VIII e il XV secolo da mirabili artigiani, veri gioielli architettonici nascosti fra le montagne, in un paesaggio arido e roccioso di grandissima suggestione. Un’occasione da non perdere per venire a contatto con l’universo copto, le popolazioni dell’altopiano ed un’arte di matrice naïf di grande impatto, dai colori vivaci in contrasto con un mondo dominato dai candidi “chamma”, gli scialli da tutti usati. Un esempio per tutte: Abreha-We-Atsebeha, realizzata all’interno di una caverna naturale: una particolare luce soffusa illumina gli straordinari dipinti che impreziosiscono le pareti e crea in chi li osserva una sensazione di affascinata meraviglia.
MAKALLE’ – LALIBELA
Lasciati i paesaggi del Tigray ci si addentra nell’Abissinia profonda, quella delle celebri ambe (le fortezze montane), dagli scenari drammatici fatti di valli scoscese, punteggiate da piccoli villaggi Abasha, per giungere a Lalibela. Lalibela è un luogo incredibile e le sue chiese sono indescrivibili. Nessun racconto riesce a far cogliere lo stupore che si prova di fronte alle sue chiese monolitiche, enormi massi messi a nudo scavando nel terreno e scolpiti fino a far loro assumere l’aspetto della chiesa, completa di porte e finestre ma anche ricca di decori sia all’interno che all’esterno. Lavoro immane, che richiede un progetto di tutto rispetto unitamente ad un’esecuzione precisa e sicura. E’ comprensibile che il racconto del missionario portoghese che per primo le visitò nel XIV secolo non sia stato creduto e che la leggenda ne attribuisca agli angeli la costruzione… Sono dodici le chiese di Lalibela, probabilmente opera di artigiani copti venuti dall’Egitto o da Gerusalemme.
La tradizione racconta che sono state costruite prima del 1225 e nell’arco di 23 anni da Lalibela, imperatore della dinastia Zagué, che dedicò ogni suo avere alla costruzione della città santa. Sono tutte scavate in una pietra rossastra a grana grossa ed ancorate al suolo roccioso.
Medhane Alem, “il salvatore del mondo”, la più grande ed una delle più belle, è delimitata da una trincea rettangolare e circondata da un porticato. La pianta di Ghiorghis è a croce greca e il tetto all’interno è sostenuto da quattro colonne collegate da archi. Solo la chiesa dedicata a Maryam è arricchita da notevoli pitture. All’esterno delle chiese si raccolgono in preghiera, riparati in nicchie scolpite nella roccia, i monaci eremiti ai quali è affidata la custodia. Cunicoli e passaggi scavati nella pietra mettono in comunicazione alcune chiese e permettono di ammirare nel suo complesso questo monumento litico alla religiosità unico al mondo.
GONDAR E IL TIMKAT
Si raggiunge via terra Gondar, l’antica capitale del paese, sede degli Imperatori d’Etiopia nei sec. XVII-XVIII. Molto pittoresche le rovine dei castelli imperiali e le decine di antiche chiese che rendono la cittadina estremamente interessante. Fasiladàs il Grande intorno al 1635 la elesse a sua sede fissa e vi fece costruire grandiosi edifici. I suoi successori continuarono la sua opera ed ora i “castelli di Gondar” testimoniano lo splendore di epoche passate. Il grande Castello di Fasiladàs presenta quattro torri angolari rotonde, un torrione quadrato e due piani con slanciati portali e finestre in tufo di Cusquàm di un bel colore violaceo. Il Bagno di Fasiladàs, costituito da un padiglione rettangolare che si affaccia su di un’ampia piscina, da luogo di svago dell’imperatore è divenuto bacino battesimale per i copti e sede dei festeggiamenti per la Timkat che si protraggono dalla sera del 18 al 19 gennaio. Su di un’altura sorge la chiesa di Debrà Berhàn Selassiè,”la luce della Trinità”, la cui facciata ricorda lo stile dei castelli. All’interno le pareti sono coperte da scene di eventi biblici e dal soffitto ligneo guarda una moltitudine di serafini dai grandi occhi sgranati.
BAHIR – LAGO TANA
Una pista gira intorno al lago da oriente e conduce a Bahir Dar, cittadina che sorge sulle rive del Lago Tana. Un’altra pista porta verso la splendida cascata formata dal Nilo Azzurro. Tississat, l’ “acqua che fuma”, si raggiunge a piedi con una breve passeggiata lungo un sentiero. Si annuncia da lontano con il sordo rumore dell’acqua e le nubi di vapore acqueo si innalzano nel cielo condensandosi in minute goccioline che per effetto della rifrazione dei raggi del sole creano stupendi arcobaleni. Il fiume a monte scorre quieto ed ampio tra rive rivestite di florida vegetazione. In questo punto si allarga ancor di più e precipita con un salto di circa 45 metri tra le rocce. Lo spettacolo è grandioso (la portata d’acqua si è sensibilmente ridotta in seguito alla costruzione di un impianto idroelettrico).
La giornata continua con l’escursione in battello sul lago Tana per visitare alcune chiese e monasteri che custodiscono dei veri tesori: pregevoli icone, manoscritti miniati e superbe croci che vengono impugnate come ostensori durante le processioni. Le chiese stesse sono di notevole interesse artistico e mostrano pareti affrescate con scene del Nuovo Testamento e della vita dei santi locali. Lo stile pittorico molto particolare ed i soggetti a volte bizzarri rendono il tutto estremamente originale. Abitate solo da monaci, le chiese sono isolate e nascoste da una fitta vegetazione. Sulle rive del lago abitano gli Uoito che utilizzano per gli spostamenti e la pesca le tipiche tanquà, leggerissime imbarcazioni dalla forma simile ad una canoa costituite esclusivamente da papiri legati insieme.
BAHIR – ADDIS ABEBA
Ultimo giorno in questo magnifico Paese, torniamo in volo ad Addis Abeba. Il mercato, uno dei più grandi dell’Africa, offre mercanzie di ogni genere ed è affiancato da negozi in cui si vendono ottimi prodotti artigianali. Il Museo Nazionale ed Etnografico ospita lo scheletro di Lucy, l’Australopitecus Afareensis vissuto tre milioni di anni fa e ritrovato nella valle dell’ Awash nel 1974, oltre a molti reperti di grande interesse.