
Insalata libanese con bourghoul (grano decortitato), menta, prezzemolo e succo di limone
La variegata gastronomia di un territorio esteso dal Golfo Persico alle coste atlantiche.
Esiste una “cucina araba“? Cosa accomuna la gastronomia di Paesi che occupano un territorio vastissimo, esteso dal Golfo Persico alle coste atlantiche? Nel corso dei secoli tra le popolazioni arabe di questo enorme territorio si sono diffusi elementi comuni di cucina, affiancati alla gastronomia locale. Ai piatti tradizionali della regione, come il cuscus berbero ed il ful mudammas egiziano, si sono aggiunti quelli legati a successive influenze esterne (pensiamo solo alla cucina algerina, “contaminata” dalla nouvelle cuisine francese).
Semplificando, è possibile delineare due grandi blocchi: da un lato la cucina mediorientale, dall’altro la nord africana, con un Egitto forte di tradizioni millenarie a fare da spartiacque. Le origini della cucina araba si possono ricercare tra i beduini della penisola arabica pre-islamica. Nella loro cucina tradizionale figuravano piatti a base di datteri, latte di cammella, capra o pecora da cui si produceva anche del formaggio; occasionalmente le popolazioni nomadi della regione si sostentavano nutrendosi di ortaggi, frutti cresciuti all’ombra delle palme delle oasi e carne, in particolare montone. La morte del Profeta Maometto (632 A.D.) fu seguita da un periodo di conquiste militari che portarono alla costruzione di un impero che si estendeva dall’Asia al Nord Africa, fino alla Spagna e la Sicilia.

Piatto di antipasti misti
Sotto la dinastia Umayyade, la cucina semplice e primitiva degli ex beduini si arricchì assimilando le raffinate tradizioni delle popolazioni stanziali sottomesse. Nel corso degli anni il progressivo mescolarsi degli alimenti e dei gusti proseguì, e le tradizioni culinarie mediterranee e persiane ebbero modo di contribuire ad arricchire la cucina araba. Nelle tavole dell’impero fecero così la loro comparsa verdure e ortaggi quali zucchine, porri, cetrioli, olive, fagiolini, ecc. e frutta come l’uva, il melograno e gli agrumi. Il riso, originario dell’India, che si coltivava già nel periodo preislamico in Siria, Iraq e Iran, si diffuse in tutto l’impero. Lo stesso accadde per lo zucchero. Si sviluppò anche il traffico delle spezie prodotte in estremo oriente: pepe, zenzero, cannella, cardamomo.
Durante il periodo Abbasside, quando la città delle “mille e una notte”, Baghdad, era la capitale dell’impero, la cucina fu trasformata in arte: i piatti si arricchirono degli ingredienti più dispendiosi, le tecniche di preparazione si fecero più sofisticate (cristallizzazione nel miele, affumicatura, conserve), la presentazione divenne importante (per esempio la colorazione di vari piatti con lo zafferano). Principale artefice di questo nuovo influsso creativo fu senz’altro la cucina persiana, le cui tracce restano ancora oggi visibili nei piatti i cui nomi terminano per -ak e -aj. Il declino del regno Abbasside fu marcato dalla caduta di Baghdad, nel 1258, per mano dei Mongoli. La grande tradizione culinaria fu, comunque, ripresa dagli Ottomani a partire dal XIV secolo. Durante l’epoca dei sultanati si affermò una cucina molto varia, sempre ispirata a quella persiana che, in fasi successive, fu accolta e parzialmente rielaborata anche nelle regioni più periferiche dell’impero, in particolare in Serbia, Romania, Ungheria e Grecia la cui cucina è ancor oggi ricca d’influenze arabe.
LA RELIGIONE
I divieti imposti dal Corano caratterizzano fortemente la dieta delle popolazioni musulmane. Ricordiamo, ad esempio, l’interdizione all’uso di carne di maiale e carne non halal. Per halal s’intendono gli animali macellati e sgozzati contemporaneamente, tagliando giugulari e faringe, con gesto rituale. Il macellaio deve appartenere ad una delle tre religioni monoteiste, islami
smo, ebraismo e cristianesimo. In sintesi, sono proibiti:
– gli animali morti prima di essere stati macellati
– il sangue
– la carne di maiale
– le bevande alcoliche
Durante il Ramadam, mese in cui si pratica il digiuno dall’alba al tramonto, alcuni piatti tipici sono il khushal (Egitto), una ricca macedonia di frutta secca e l’harira (Marocco, Algeria), zuppa con carne e legumi secchi; piatto leggero, ma completo.
A TAVOLA
Si mangia attorno ad un basso tavolo rotondo assieme a tutta la famiglia; il cibo viene offerto sempre in quantità generose, accompagnato da tè e caffè. Non si usano posate e si attinge da un unico grande piatto, i bocconi si prendono servendosi del pane, è quindi di fondamentale importanza lavarsi le mani prima di mangiare. L’acqua per l’abluzione è servita al momento di sedersi a tavola in una brocca con un asciugamano e una saponetta. All’inizio e al termine del pasto si ringrazia Dio, “bismi Allah”, per il cibo che viene così sacralizzato.
PAESI E TRADIZIONI
Ogni Paese esprime nella cucina le sue tradizioni ed il suo passato. La ricetta per realizzare i falafel, polpettoni di fave o di ceci, molto popolari in Egitto, sembra essere pre-islamica; si dice fosse già conosciuta ai tempi dei Faraoni. Le kafta sono polpette di carne macinata con cipolle e spezie, messe su spiedini e successivamente grigliate sulla carbonella; un piatto che si trova in diversi Paesi della zona mediterranea ma di origine beduina (Penisola Arabica). Questo piatto, aromatizzato con varie spezie, zafferano, cumino, cardamomo, cannella, rievoca l’intensa attività commerciale delle popolazioni arabe. I dolci, raffinatissimi e a base di mandorle e miele, sono talvolta arricchiti da essenze deliziose come la rosa e i fiori d’arancio (quest’ultimi tuttora utilizzati, in alcuni Paesi arabi, per aromatizzare l’acqua che servirà alla preparazione d’altri piatti). La cucina araba più vicina a noi è senza dubbio quella marocchina. Alcune ricette e alcuni metodi di cucinare hanno origini risalenti a 2000 avanti Cristo. I piatti più conosciuti sono: il cuscus, di origine berbera, una semola spesso ancora fatta a mano la cui preparazione richiede abilità e pazienza. Il tagine, piatto a base di carne o pesce con verdure che prende il nome dalla particolare pentola in terracotta in cui viene cucinato.

Gelato arabo a base di pistacchi, limone, datteri e acqua di rose
LE RICETTE
Hummus – Crema di ceci al sesamo (Libano): 500 gr di ceci bolliti, succo di un limone, 2 spicchi d’aglio, 10 cucchiai di olio extra vergine d’oliva, 2 cucchiai di tahina, 1 cucchiaio di semi di sesamo,1/2 cucchiaino di paprika dolce o peperoncino, sale.
Mettete nel frullatore tutti gli ingredienti. Quando otterrete un composto cremoso aggiungete i semi di sesamo e spolverate con la paprika alla fine della preparazione. Servitelo assieme a crostini dorati o piccoli triangoli di pane pita.
Babaghannush – Crema di melanzane (Libano e Siria): 2 grosse melanzane, 2 cucchiai di tahina, succo di 2 limoni, 4 spicchi d’aglio, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva.
Dopo aver praticato nella buccia quattro o cinque fori, cucinate le melanzane per un’ora in forno pre-riscaldato a 200°. A fine cottura lasciatele sgocciolare su un tagliere per 15 minuti con la buccia rivolta verso l’alto. Trasferite la polpa in una terrina, mescolatela vigorosamente con una forchetta fino ad ottenere una crema morbida, poi aggiungete, sempre mescolando, il succo di limone, la tahina, l’aglio tritato e l’olio. Aggiustate di sale, guarnite con il prezzemolo e servite a temperatura ambiente.
Preparazione tahina: calcolare una proporzione di 2 cucchiai di semi si sesamo per 1 cucchiaio d’olio extra vergine da frullare fino a perfetta omogeneizzazione della salsa. La tahina si conserva perfettamente in frigorifero e per una migliore riuscita della sua consistenza è preferibile farne una maggiore quantità regolando le proporzioni in modo da ottenere una crema non troppo densa.
Le foto dei piatti sono state scattate nel ristorante “Frary’s” di Venezia (San Polo 30125). E’ un ristorante arabo, vegetariano, greco e vegano, ideale anche per celiaci. Telefono 041 720050