Immaginate un treno sgangherato, una landa desolata, una stazione sconosciuta, è l’una di notte passata, il treno proviene dalla stazione Nyugati di Budapest, la stazione in cui vi trovate ora è invece quella di Cluj-Napoca, porta d’ingresso alla magica e tenebrosa Transilvania.
L’emozione di un viaggio si misura anche con l’adrenalina e quella strana forma di paura/diffidenza/ignoranza che ci attanaglia quando ci troviamo in posti diversi dal nostro immaginario quotidiano.
E quindi, eccoci arrivati. Dopo quasi 7 ore e mezza di viaggio attraverso la piatta e noiosa pianura ungherese, siamo giunti ad Oradea, prima città di un certa importanza sul confine rumeno-ungherese.
In mia compagnia c’è Stefano, alla disperata ricerca di ripercorrere le tappe del Conte Dracula, creazione letteraria immaginaria, frettolosamente avvicinata alla figura dell’Impalatore, il principe Vlad Tepes. Prima tappa la bellissima ed elegante Cluj-Napoca: città di grandi chiese ortodosse, viali alberati, bei caffè e gente elegante. La sera prima l’atmosfera tenebrosa ci aveva già catturato: per le vie poco illuminate, in cerca di un supermercato aperto dove poter comprare qualcosa, avevamo assaggiato questa strana città. I suoi androni bui, le sue inquietanti finestre aperte, lugubri figure si aggiravano per le sue strade, ma si trattava solo di una nostra percezione distorta della realtà. Cluj è la città più all’avanguardia di tutta la Romania. I giovani alla moda, bei locali, ristoranti e negozi allo stile occidentale. Gli edifici, spesso un po’ decadenti, richiamo però un passato glorioso: qui come altrove, l’impero austro-ungarico ci ha messo lo zampino, costruendo e ricostruendo, lasciando la sua impronta indelebile sulla struttura cittadina e sul modo di vivere.
Ammiriamo la città prima dal bel terrazzo dell’hotel Victoria, il più bello della città, l’unico ahimè aperto alle due di notte, e poi il giorno dopo scorazzando per le vie alla ricerca disperata di un’agenzia dove affittare un’auto. Dopo aver girato come matti, ci affidiamo a un tale Adriàn, omone rumeno che ci consegna una Opel Astra color grigio. Intorno a noi impazza il traffico rumeno di Cluj.
E’ uno straordinario susseguirsi di piccoli agglomerati urbani, di chiese sassoni, di eccentriche costruzioni in legno, con tetti a punta ornate di croci nere, cortili di fiori ed edera arrampicante, dove scorrazzano maialini e vitelli, persone anziane che passano il tardo pomeriggio con lo sguardo perso nelle sfreccianti macchine della mitica autostrada E-56.
Giungiamo a Bistrita in tarda nottata. Qui secondo la leggenda, gli strambi visitatori del castello di Dracula, passano l’ultima notte scortati dalle autorità del luogo. Da qui in poi, verso il BorgoPasso, avrebbero dovuto proseguire da soli. Bistrita sembra un set di un film nel più puro stile di Hollywood: film di paura, si intende. L’atmosfera che si respira è davvero affascinante: la grande chiesa luterana svetta al centro della città, tutto intorno sono costruzioni in legno che risalgono al periodo medievale. Case dall’aspetto mostruoso si affacciano sulla grande e verde piazza Unirii: il vento sibila come fossero bisbigli, la chiesa sembra vuota, scarnificata, vecchia e decrepita. Gli alberi grondano le ombrose chiome viola sulle vie lastricate, muovendo ripetutamente grandi rami di foglie verde scuro, cani abbaiano in lontananza Da qui il nostro motto: Bistrita (si legge bistriza) …che strizza!! Fortunatamente la notte passa tranquilla, anzi ceniamo in un posto meraviglioso, in mezzo ad un parco lungo il fiume a base di ciorba (una sorta di goulash meno piccante), mamaliga, polenta più saporita, carne, insalata di cavolo e delizioso vino rosso.
Lasciamo la città e ci dirigiamo verso le alture dei Carpazi orientali: se possibile, la realtà di montagna è ancora più remota ed chiusa, inaccessibile e lontana.
I mezzi di trasporto sono carri di legno trainati da mucche maculate, le bambine giocano con gli aquiloni, le anziane infagottate vendono ogni sorta di ortaggio, il tutto in un ambiente bucolico e tranquillo.
La strada ci porterà fino a quasi 1900 metri, passando per Vatra Dornei, il BorgoPasso. Qui la leggenda draculoide costruisce il mito del passaggio tra Transilvania e Moldavia: un passo che portava sfortunati viaggiatori nelle fauci del Dracula vero!! Qui purtroppo americani ricchi e ignoranti hanno costruito un super hotel, Hotel Dracula, con apposito ristorante a tema e camere a tema. Costruzione orrenda e sproporzionata rispetto alle casupole vicine, l’hotel offre ai suoi visitatori anche una gustosa sorpresa. Non cela potevamo far scappare ed ecco siamo intrappolati.
Accompagnati da una strana cameriera, visitiamo le stanze dell’hotel, fino a giungere alla cripta dove pare sia sepolto il principe Vlad (in realtà si trova a Bucarest). Lo spavento è enorme, non ve lo racconto sennò quando ci andrete non ci sarà più gusto. Comunque sono ancora vivo, quindi niente paura!
La nostra destinazione è Bicaz, ma la notte tenebrosa delle montagne ci ha quasi raggiunto, dobbiamo fare in fretta, dopo aver sbagliato strada per due volte, decidiamo che Bicaz e le sue industrie di amianto sono troppo lontane per oggi e ci dirigiamo a Durau, piccolo paesino ai piedi del monte Cealhau. Il panorama è meraviglioso, ci imbattiamo in una serie di monasteri affrescati e cimiteri ortodossi, ampie vallate di conifere e querce, prati, roseti e dolci colline verdastre. Durau è una stazione sciistica importante, ora in settembre è del tutto deserta ma comunque mantiene il suo straordinario fascino.
Un monastero di 35 suore ortodosse, con stupendi affreschi esterni e fantastici affreschi interni si staglia sul punto più alto del paese. Qui facciamo presenza alla litania delle 18, ammirando increduli riti di preghiera tanto diversi da quelli a noi più conosciuti. Dormiamo in una casetta in gestione di una signora che chiameremo “la bifolca”, un po’ per l’aspetto da Fred Flintstones donna, un po’ per la parlata rauca e le maniere da scaricatore di porto. Ma la casa è meravigliosa, il luogo stupendo, giardino di fiori, in mezzo al verde, solo lo scorrere del fiumiciattolo e gli ululati di strani esseri nella foresta. Raggiungiamo Bicaz il giorno dopo, ammirando le straordinarie gole di Bicaz, formazioni calcaree bianche che creano burroni e pareti di granito che tagliano la montagna in mille parti, creando piccoli pertugi nei quali si inabissa la strada che percorriamo. Pareti altissime, nebbiolina fastidiosa, verde intenso, laghi di mille colori, le foglie colorate dell’autunno rumeno, che meraviglia !
Da Bicaz e lasciandoci alle spalle il lago Rosso, ci dirigiamo a Sighisoara la perla della Transilvania. Diamo ancora uno sguardo rapido alla Moldavia, facendo una promessa a noi stessi, la promessa di tornare un giorno per dirigersi verso Suceava, Moldavia settentrionale o Bucovina, dove di monasteri come quelli di Durau ce ne sono a bizzeffe. Non dubitate, ne vale davvero la pena!
Ritornando verso la Transilvania ci accorgiamo che il panorama cambia in continuazione: dalle conifere verdi, si passa alle dolci colline gialle ed arancio, per poi ammirare pascoli e chiese fortificate in mezzo al verde scuro di foreste intricate. I villaggi hanno un aspetto più mite e meno tenebroso, qui tutto è curato al minimo dettaglio, grandi giardini, belle case, ristoranti e negozietti di artigianato, belle piazze colorate, balli tipici, musica, e poi ci accorgiamo del perchè, siamo nel bel mezzo della cosiddetta Transilvania ungherese. Gheorgheni e Odorhieu sono fiori all’occhiello della comunità ungherese in Romania: si parla ungherese, si mangia ungherese, ossia si vive come in Ungheria ma si è cittadini rumeni, strano no? Regali della storia, giochi in mano di potenti che hanno scritto pagine, dividendo popoli, disprezzandoli e talvolta creando odio e rancore.
Eccoci a Sighisoara.in una parola: la più bella. Sighisoara è una delle città fortificate dalla comunità sassone che giunse qui a popolare le terre dopo le grandi battaglie contro le forze armate turche. Costruita intorno alla magnifica torre dell’Orologio, la città è arroccata su vari livelli, con una cittadella medievale che sembra un gioiello dimenticato dai nuovi architetti, dai restauri moderni e dai venti di novità.
Tramite il gentile aiuto di Arpi, un giovincello rumeno, troviamo ristoro presso la casa di una signora di cui non sappiamo il nome, per un prezzo davvero di favore e visitiamo questa splendida cittadina medievale.
Dalle sale della tortura, alla chiesa sulla collina, dal tempio di fede luterana alle viuzze e piazzette tipiche del Medioevo. La notte, mentre si passeggia un lugubre suono di organo proviene da alcune stanze della chiesa luterana, diffondendo brividi e sguardi di inquietudine tra la gente. Nel giardino interno, alla sinistra dell’entrata principale della chiesa luterana viene esposto il sinistro busto in pietra di Vlad Tepes, ricordando ai visitatori che quella stessa piazza era un tempo sede delle principali eventi “sociali” della comunità sassone: torture, balli in maschera, roghi per stregoneria. Mangeremo proprio dove il principe Vlad Tepes, principe di Transilvania e Valacchia, passò quattro anni della sua vita: oggi quel luogo è diventato il Ristorante Dracula. A dispetto del nome, comunque si mangia proprio bene e il cameriere baffuto è davvero simpatico. Lasciamo a malincuore la bellissima Sighisoara, e prendiamo la strada verso Brasov e Bran.
L’entrata a Brasov sembra viale Papignano a Milano quando c’è mercato, un caos di mucche, carri, macchine non catalizzate, persone, sacchi, frutta, volatili, legno, pietre, buche e per di più nessun semaforo, nessuna indicazione, nessun segnale di vita. Brasov deriva invece da una parola turca, barasu, che è possibile tradurre con fortezza. Una volta giunti in Piazza Statului ci ritroviamo ad alzare la testa e notare, tra le vette innevate, una gigantesca scritta in pieno stile hollywoodiano. Dettaglio cinematografico a parte, mettiamo piede in una cittadella che conserva con orgoglio la propria struttura medievale, circondata da mura alte 12 metri, risalenti al XV secolo. Queste proseguono per ben 3 chilometri, adornate da 7 bastioni. La prima tappa dal valore storico è di certo la Chiesa Nera, la più grande chiesa gotica presente in Romania. Definita nera in seguito a un enorme incendio avvenuto nel 1689, che devastò la città e annerì quasi interamente le mura ecclesiastiche. Al suo interno è possibile ammiriamo una tra le più imponenti collezioni di tappeti orientali in tutta Europa.
Muovendosi all’interno della città vecchia, ci ritroviamo in quella che viene denominata Strada Rope, antica via particolarmente stretta, per alcuni la più stretta del Vecchio Continente. Girando per le strade cittadine ci rendiamo conto dell’incrocio di stili all’interno di Brasov, tanto moderna quanto romanticamente bohemien. Tanti i negozi nei quali poter fare acquisti, al fianco dei quali vi è un gran numero di locali e caffè. Uno dei più intriganti è di certo “Festival ’39”, che propone un arredamento in stile anni ’40.
Lasciata Brasov ci dirigiamo verso il castello di Bran, il famoso castello di Dracula o meglio il luogo dove si dice il principe Vlad soggiornò per qualche tempo. Il castello ha l’aspetto tipico, arroccato e modificato posteriormente: gli stili architettonici si sono sovrapposti, lasciando però intravedere nel suo scheletro la struttura originaria. Il meraviglioso interno, ammobiliato in legno nero, è un susseguirsi di riferimenti alla regina di Romania, Maria, immortalata in varie immagini di vita quotidiana. La stranezza è l’assoluta assenza di ogni tipo di informazione riguardante la presunta permanenza qui del principe Vlad: la cosa ci rende sospettosi ma dopotutto molto felici. E vi spiego perchè. Mentre nella parte bassa del castello di Bran impazza il mercato dei souvenir più squallido e deprimente, con le maschere di Scream (!?) e di mostruosi elfi dei boschi, intorno al castello la storia con la “S” maiuscola si riappropria del suo ruolo e il tutto è presentato al visitatore con sobrietà e dovizia di particolari.
Insomma, che qui abbia vissuto o meno il principe Vlad, ai rumeni importa fino ad un certo punto, importa invece far sapere che qui ha soggiornato come mamma di Romania, la bella e giovane regina Maria, prima e ultima sovrana di questo paese poi passato negli anni ’30 del XX secolo, nelle mani dei militanti nazionalisti.
Il castello ci piace, le torri, il cortile interno, le porte che non si aprono e il bosco oscuro e minaccioso che si apre alle sue spalle, qui di notte riuscire a dormire deve essere un’impresa. La sera mangiamo a Brasov, in un ristorante di lusso, i prezzi lo consentono ! Mangiamo benissimo, sorseggiamo un buon vino rumeno e visitiamo un po’ la città in versione notturna. Piove ma questo non diminuisce il valore della bella città transilvana, la città rumena più visitata in assoluto. Ancora una tappa, Sibiu, prima di dirigerci verso la capitale Bucarest. Diviso in Città Alta e Città Bassa, il centro storico di Sibiu ha strette e ripide strade su cui si affacciano edifici del XVII secolo dai caratteristici tetti a timpano, vaste piazze e torri di difesa. Nella Città Alta si trovano tre piazze: la Piata Mare, o Piazza Grande, con la chiesa barocca romano-cattolica, la Torre del Consiglio e il Palazzo Brukenthal in stile tardo barocco, la Piazza Piccola, o Piata Mica, fiancheggiata da negozi e caffetterie, e Piazza Huet dove si trovano diversi edifici gotici e la Cattedrale evangelica. La Città Bassa è più rustica ed è collegata alla parte superiore dal Ponte delle Bugie, il primo ponte in ferro battuto della Romania.
Restiamo ammirati davanti ai bastioni della città: maestosi e imponenti, sono stati costruiti probabilmente nel periodo tra il XIII e il XVI secolo. Fra questi spiccano il Bastione Soldisch, il Bastione Haller e la Torre della polveriera. L’imponente cinta muraria cittadina ha reso Sibiu una delle città fortificate più importanti dell’Europa centrale.
Ultima tappa: la capitale. Bucarest si presenta con tutte le magagne del suo triste e travagliato passato: bombardata e distrutta durante le due guerre, sepolta da un terremoto nel 1940 e deformata dai discutibili gusti comunisti nel quarantennio post-guerra. Insomma quale città avrebbe sopravvissuto a tanto sfacelo? Nessuna, infatti Bucarest non si può certo definire una bella città.
A peggiorare la situazione c’è una chicca che tutti voi conoscerete: ecco a voi il signor Ceasescu. Non si può non parlare di lui quando si parla di Romania: questo uomo viveva come gli imperatori bizantini di Costantinopoli, aveva la mania di grandezza di Stalin, economizzava come Mao, sperperava il denaro come gli amici dittatori sudamericani.
Insomma un bel personaggio della storia. I rumeni sono grati a Timisoara e a quanti hanno dato la propria vita per liberare il paese da quel pazzo visionario. Emblema di tutto ciò: il monumentale palazzo del Parlamento, o Casa del Popolo. Mostruosità di cemento costruita a fine anni ’70, mostro architettonico che portò alla completa distruzione di un sesto della capitale rumena, mostruosità che è ancora oggi, il secondo edificio più grande al mondo, dopo il Pentagono.
di Andrea Gatti, foto di Claudia Meschini