Tra i vari Carnevali del Piemonte, lo storico Carnevale di Santhià (6 gennaio – 25 febbraio) è uno dei fiori all’occhiello delle tradizioni piemontesi, ed oggi come un tempo, viene celebrato con una grande festa di colori e di musica. Dagli antichi carri di scagliola, pesanti e fragili, si è sviluppata una scuola stilistica della cartapesta che produce giganteschi carri multicolori, tra i più belli dei carnevali di tutto il Piemonte.
Sono questi che sfilano per le strade cittadine durante i giorni di gala, accompagnati da oltre 2.000 comparse in maschera, una trentina di Compagnie del Carnevale e vari gruppi musicali, bande e gruppi storici. Carri giganti e colorati, carri piccoli, maschere a piedi e gruppi misti: ogni categoria è ammessa a sfilare. L’unica regola è il divertimento. Una delle sfilate si svolge in notturna, il lunedì grasso. L’ultima domenica di Carnevale è coronata da un fantastico spettacolo piromusicale.
Il Carnevale di Santhià, il più antico Carnevale documentato del Piemonte e tra i più antichi d’Italia, trae origine dalla “rivincita” del popolo delle campagne nei confronti delle autorità cittadine e dalla conseguente speranza di sconfiggere la “schiavitù della fame”, piaga che ha caratterizzato per secoli ampi strati del mondo rurale. Di quest’ultima vittoria, seppur modificata e corretta nel corso del tempo, resta ancor oggi il vivo ricordo nella tradizionale Fagiuolata, che altro non è se non una grande distribuzione gratuita di cibo per tutti.
Questi sono dunque gli ingredienti per giustificare una grande festa popolare, com’è appunto il Carnevale, ai quali si è aggiunto, nel corso degli anni, un desiderio di trasgressione nei confronti del potere e delle consuetudini vigenti. Il Carnevale di Santhià è rappresentato da due maschere storiche, gli sposi Stevulin ‘dla Plisera e Majutin dal Pampardu, che prendono il nome da due cascine santhiatesi realmente esistenti e che durante gli ultimi giorni di Carnevale, diventano i padroni della città.
LA COLOSSALE FAGIUOLATA
La Pro Loco di Santhià realizza dal 1963 lo Storico Carnevale di Santhià, dopo aver inglobato l’Antica Società Fagiuolesca, di cui rappresenta la naturale evoluzione, che lo organizzava fin dal XI secolo. La manifestazione rispetta una precisa collocazione temporale, che decorre dal giorno dell’Epifania (6 gennaio) e prosegue fino al Martedì grasso (il giorno prima del Mercoledì delle Ceneri, inizio del periodo quaresimale). Oltre a seguire una precisa scansione temporale, rispetta e tramanda negli anni una altrettanto precisa Tradizione, che in Piemontese viene detta la Tradissiun, costituita da una serie di eventi mai lasciati al caso, ma sempre giustificati da una precisa allegoria.
Iniziamo dall’evento clou, che è la Colossale Fagiuolata in programma quest’anno il 24 febbraio. Questo evento viene rivissuto ogni anno la mattina del lunedì grasso di Carnevale quando, nella piazza del mercato vengono accesi i fuochi per cucinare i fagioli messi in ammollo già dalla sera prima all’interno di 150 grandi caldaie di rame che serviranno a preparare le circa 20.000 razioni di fagioli che saranno distribuite gratuitamente alla cittadinanza. Alle 5 del mattino i componenti del corpo Pifferi e Tamburi provvedono alla sveglia delle autorità carnevalesche addette alla erezione delle monumentali cucine da campo e all’accensione dei fuochi a legna per la cottura della succulenta specialità.
Le 150 caldaie di rame sono issate sui trespoli, riempite e condizionate a dovere dai cuochi, che si avvalgono della collaborazione di 50 tra fuochisti e aiutanti. Quindi, pochi minuti prima di mezzogiorno, previa benedizione del Parroco, attorno alle tavole che circondano la piazza, ricoperte con migliaia di scodelle, si attende con ansia l’inizio della distribuzione. Insieme a loro si aggiungono migliaia di commensali giunti dai vari centri del circondario. A mezzogiorno in punto gli attendenti e il comandante di piazza, al segno di un doppio sparo di fucile, iniziano la distribuzione alla popolazione del pane e dei salami, preventivamente tolti dai calderoni in rame. Quindi ha inizio la Fagiuolata vera e propria, la più grande d’Italia allietata da musiche e danze: i 300 camerieri, sotto la guida dei “capi-palina”, distribuiscono la dovuta razione di fagioli, che vengono versati nelle scodelle e nei recipienti di ogni tipo appoggiati sulle tavole. Ecco gli ingredienti della succulenta ricetta: 20 quintali di fagioli qualità Saluggia coltivati sul territorio della Provincia di Vercelli; 10 quintali di salami da cuocere, prodotti con suini allevati e macellati sul territorio della Provincia di Vercelli.
E ancora 10 quintali di pane, prodotti da panettieri attivi sul territorio della Città di Santhià; 1,5 quintali di lardo tritato, derivante dalla lavorazione dei suini allevati e macellati sul territorio della Provincia di Vercelli; 1,5 quintali di cipolle tritate; 750 foglie di alloro, 80 chili di sale grosso.
LA TRADIZIONE DELLE PULE E DELLE CONGREGHE
A partire dal giorno dell’Epifania (che, come detto, rappresenta il tradizionale giorno di apertura del Carnevale di Santhià), e fino agli ultimi tre giorni del tempo di Carnevale, la città è impegnata ogni sabato e domenica nello svolgimento delle “Pule”. Ogni compagnia carnevalesca è titolare di una parte del territorio (urbano o extraurbano) e i vari componenti della Compagnia si fanno accompagnare da sei musicisti della Banda Musicale Cittadina (la Squadra ‘dla Pula), recandosi di casa in casa, in un tradizionale percorso tra le cascine e le vie cittadine, per ricevere una questua che va a costituire il patrimonio per l’organizzazione del Carnevale stesso. A volte le offerte in denaro sono sostituite da offerte in natura (la gallinella o pula, appunto).
Anticamente la questua presso le cascine serviva a procurare il salame e i fagioli per la Fagiuolata o i soldi per pagare il sale per condirla (in tempi remoti erano detti infatti i sòld ‘dla sal). Al termine della giornata, che trascorre in allegria tra cibo e musica, la Squadra rientra in città e si reca in un luogo prestabilito, dove avviene la Còngrega, una particolarissima asta strutturata in modo da coinvolgere i componenti della Squadra avversaria, facendo in modo che questi rilancino il prezzo. Naturalmente il tradizionale cerimoniale si perde tra il divertimento, qualche ripicca e tanto orgoglio e memoria storica. Non mancano, poi, durante il Carnevale di Santhià i tradizionali “Giochi di Gianduja”, che si svolgono nelle vie del centro. Si tratta di giochi antichissimi che rimandano alle tradizioni popolari medievali: la corsa nei sacchi, la rottura delle pignatte piene di farina o coriandoli, il tiro alla fune, il recupero della mela nella tinozza e tanti altri. A queste sfide sono contrapposte le compagnie carnevalesche, la banda cittadina e il corpo dei Pifferi e Tamburi.
Martedì sera il Carnevale si chiude con il “Rogo del Babàciu“, un pupazzo che viene appeso su una pira e poi bruciato, in piazza Maggiore. Tutta la popolazione assiste all’accensione del rogo che segna la fine del Carvè, fra il suono delle campane a lutto e le note di una marcia funebre, che si tramuta dopo poche note in una “monferrina” sfrenata, un ballo che dà spazio all’allegria. Qui di seguito, nel dettaglio, tutto il programma dei festeggiamenti 2020: Carnevale Storico Santhià.
VIAGGIO A SANTHIA’
Per via della sua posizione strategica, il borgo di Santhià, in provincia di Vercelli (circa 8.500 abitanti) è stato un importante nodo di comunicazione sin dai tempi dell’Impero Romano. La sua storia si è caratterizzata per il passaggio di numerosi eserciti di conquistatori, ciascuno dei quali ha lasciato la propria impronta nella cultura popolare: oltre agli Ictumuli e ai Romani, Santhià è stata oggetto di conquista anche da parte dei Longobardi e dei Franchi.
Quindi il borgo passò sotto ai Savoia, che fin dal 1373 concessero gli Statuti con cui regolare le proprie attività. Nei secoli successivi Santhià subì assedi e distruzioni (ricordiamo il lungo assedio degli spagnoli nel 1555) e, con Napoleone, fu annessa alla Francia, per poi seguire le sorti del regno dei Savoia, fino all’Unità d’Italia. In ogni stagione i pellegrini della Via Francigena, di cui Santhià rappresenta la 44° tappa, attraversano questo borgo ricercando equilibrio e serenità nella lentezza del cammino.
A Santhià, storia e tradizione si uniscono al fascino di un luogo di confine, con le Alpi alle spalle e lo sguardo rivolto alla distesa mutevole delle risaie, dove la natura e l’ingegno hanno creato nei secoli un paesaggio unico. Sono numerosi nel borgo gli edifici storici di rilievo. La chiesa Collegiata di Sant’Agata, edificata tra il 1836 e il 1839, è caratterizzata da una facciata in stile neoclassico con un ampio pronao sorretto da sei colonne e volte affrescate dal pittore Luigi Hartmann. L’interno è diviso in tre navate, separate da due colonnati. Di particolare interesse è l’ex battistero, situato all’inizio della navata sinistra (ora Cappella dedicata alla Madonna di Lourdes), interamente affrescato.
Interessanti anche l’organo ottocentesco dei fratelli Serassi, considerato uno tra i migliori del Piemonte, il pregevole polittico dipinto da Gerolamo Giovenone (1531), la cappella dedicata a Sant’Ignazio da Santhià (frate cappuccino canonizzato nel 2002 da Giovanni Paolo II) e l’antica cripta romanica dedicata a Santo Stefano, dichiarata monumento nazionale, insieme alla torre campanaria in stile romanico (XII secolo), alta circa 35 metri. La cripta, risalente al secolo XII, rappresenta l’unico edificio religioso rimasto a testimonianza dell’antica fede cristiana del borgo. In prossimità di questo luogo sacro, ma in tempi ancora anteriori, sorgeva un sacello romano o un tempio dedicato agli dei, considerati i reperti archeologici rinvenuti nelle vicinanze (una stele in granito dedicata a Giove e due capitelli in stile composito romano). Il luogo dove oggi sorge la cripta è quindi sempre stato “l’acropoli religiosa” dell’abitato, prima pagano e poi progressivamente cristiano. Costeggiando la chiesa parrocchiale sul lato destro e proseguendo poi ancora a destra lungo via monsignor Giovanni Ravetti, si giunge, attraversando il corso principale, in via De Rege Como. Proprio lungo questa strada è possibile ammirare il cosiddetto Palazzo del Capitano, caratterizzato da una finestra centrale elegantemente ornata a mattoni stampati a doppia scanalatura e torciglioni, il tutto inserito all’interno di una cornice quadrangolare in terracotta.
Questa antica casa, ben restaurata, sembra essere la parte rimasta di una casaforte risalente alla fine del XV secolo. Il palazzo, attualmente in comodato d’uso gratuito al Comune, è diventato sede di iniziative culturali oltre che spazio museale.
Fra i monumenti di maggior pregio della cittadina spicca la chiesa della SS. Trinità, costruita dall’omonima Confraternita intorno alla metà del XV secolo. Recentemente restaurata, la chiesa si presenta oggi nel pieno del suo originario splendore: la facciata è caratterizzata da un’architettura asimmetrica che si ripete anche all’interno, a testimoniare l’unione di due ambienti precedentemente separati. Nella stessa struttura operarono infatti per decenni due distinte confraternite, quella della Santissima Trinità (fondata nel 1497) e quella dei Santi Apostoli, costituita nel 1579 e poi aggregata all’Arciconfraternita della Santissima Trinità nel 1634. Il campanile, in stile barocco piemontese, fu invece edificato tra il 1745 e il 1750. La casa turrita, conosciuta da tutti come la “Torre di Teodolinda” e situata all’interno di un cortile di Corso Nuova Italia, deriva dal rifacimento di una torre di avvistamento di epoca longobarda.
La struttura attuale, però, non ha più alcuna relazione con la regina dei Longobardi, poiché si tratta di un edificio realizzato non prima del XIV secolo, come testimoniano i materiali impiegati nella sua costruzione e i suoi stessi caratteri strutturali.
Alcuni fra gli episodi più significativi del lungo passato di Santhià si possono “leggere” sui grandi medaglioni bronzei apposti lungo Corso Nuova Italia dopo il suo totale rifacimento completato nel 2005. Su tali medaglioni, in tutto 33 si possono scorgere edifici e strutture risalenti ai tempi più antichi (la cinta muraria, il vecchio ospedale del Trecento, il convento di San Francesco, le strutture ospitaliere della Via Francigena). L’attuale Palazzo del Comune di Santhià è stato costruito nel 1719. Prima ne esisteva uno molto più antico, che venne distrutto nel 1412 durante una delle tante guerre che flagellarono il borgo.
Nel 2006 la Corporazione Arti e Mestieri di Santhià ha realizzato un Museo, denominato “I fer ‘d na vira” (ovvero “Gli utensili di un tempo”) che attualmente dispone di circa 800 utensili di lavoro che rappresentano un po’ tutte le categorie professionali. Il Museo è l’unico di questo genere in provincia di Vercelli e si è recentemente arricchito di un antico ma funzionante orologio meccanico risalente al 1700, precedentemente installato sul Municipio di Santhià. La passeggiata alla scoperta di questo piccolo ma suggestivo borgo piemontese può concludersi nel parco Jacopo Durandi, realizzato agli inizi dell’Ottocento. In anni recenti i giardini hanno subito una profonda riqualificazione che li ha trasformati in un vero e proprio “salotto fiorito”.
Nel cuore della campagna santhiatese sorge l’antico borgo di Vettignè, formatosi intorno all’omonimo castello, le cui parti più antiche risalgono al XV secolo.
Il nucleo castellato fu edificato, forse su una struttura più antica, nel XV secolo. È interamente circondato da merli a coda di rondine, sorretti da lunghi beccatelli adornati da una fascia decorativa. La torre cilindrica, di altezza notevole, ricorda da vicino quella del castello di San Genuario a Crescentino.
Il nucleo del castello e le costruzioni del borgo, pur in precario stato di conservazione, disegnano ancora panorami suggestivi, immersi nel mutevole paesaggio delle risaie incorniciato dalla catena alpina sullo sfondo.
Chi desiderasse alloggiare a Santhià per apprezzarne in tutta tranquillità le sue bellezze, consigliamo l’hotel ristorante Vittoria, posizionato di fronte alla stazione ferroviaria, in piazza Verdi 1, e quindi facilmente raggiungibile da Vercelli, Biella, Ivrea, Torino, Milano. L’ hotel a tre stelle, offre 30 camere, singole, doppie, triple e quadruple, completamente attrezzate ed ottimizzate per il massimo comfort. Nel ristorante dell’hotel, tre ampie sale climatizzate (da 40, 200 e 300 posti a sedere), vengono proposti piatti tipici piemontesi e menù alla carta di alta qualità con ampia degustazione di vini. Tra i servizi di questa struttura, figurano la ricca colazione a buffet, un bar, un parcheggio privato gratuito e un servizio di navetta aeroportuale a pagamento.