Sono partiti da Venezia alla volta delle Canarie, poi il loro viaggio in barca a vela continuerà verso i Caraibi, attraversando l’Atlantico. Questa la scelta di vita di una coppia veneziana che porterà con se anche il figlio: il piccolo fino a sei anni navigherà nell’asilo del mondo. Giorgio Moro e la sua compagna Yuma Martellanz ci tengono a sottolineare che non stanno scappando dalla realtà, ad accompagnarli nella traversata dell’Atlantico ci saranno anche Rudy Citossi, friulano ormai “venezianizzato” da anni e l’amico nato in Argentina, Alejandro Marín.
“In Italia siamo tra i primi ad aver scelto di vivere navigando” – raccontano Giorgio e Yuma Martellanz dalla casa di famiglia della Giudecca – ma nel mondo ci sono tante persone che hanno preso questa decisione, basta andare a vedere il porto di Gran Canaria. È pieno di gente che parte e che arriva, che chiede passaggi per attraversare l’Atlantico, chi offrendosi come cuochi, altri pagando la propria quota, c’è un movimento di bellissime persone che vogliono viaggiare. I porti di una volta non dovevano essere molto diversi da quelli di oggi, pieni di vita e di persone in movimento”.
Il loro viaggio è iniziato a metà gennaio. Hanno scelto questo periodo perché soffiano i propizi Alisei, gli stessi venti che Cristoforo Colombo e i grandi navigatori sfruttarono per lasciarsi trasportare dalle gigantesche onde, alte come colline. Tra circa una settimane l’equipaggio dovrebbe raggiungere la meta, partendo dai 15 gradi delle Canarie per arrivare ai 30 dei Caraibi. Nella stiva c’è posto per tanta frutta e verdura e a bordo c’è un fornelletto dove si possono fare pizze e torte salate, senza contare il pesce che il mare regala.
Non è la prima traversata per Yuma e Giorgio, quasi quarantenni, ma per la prima volta verrà usata la barca acquistata con i risparmi di una vita che è ufficialmente diventata la loro casa: “Ci abbiamo messo tantissimi anni per sceglierla – raccontano – e alla fine, quando abbiamo visto ad Alicante la Jemina Nicholas, è stato un colpo di fulmine”.
Il nome è quello di un’eroina scozzese che calza a pennello con la storia dell’imbarcazione: “Cercavamo una barca sicura dove poterci vivere – proseguono – ma anche un posto che ci facesse sentire calore. La Jemina ha già fatto la regata Ostar (transatlantica solitaria), ha affrontato iceberg e correnti importanti, ma è anche stata protagonista di un salvataggio. Ci siamo subito affezionati”.
Fino ad adesso Giorgio e Yuma hanno vissuto in barca per lavoro ed è la prima volta che faranno un viaggio con il loro bambino Leone: “Questa volta – racconta Yuma – anche io e Leone raggiungeremo i Caraibi in aereo, e poi lì navigheremo fino a quando compie i sei anni. Ci tenevamo che nostro figlio frequentasse il periodo dell’asilo nel mondo. Nella comunità dei naviganti c’è una grandissima solidarietà, si fanno tante amicizie e si impara tantissimo viaggiando”. “La nostra non è una fuga ma un voler vivere diversamente”, puntualizzano Yuma e Moro che una volta giunti ai Caraibi condivideranno la loro barca con chiunque voglia vivere con loro per un po’, “ci fa piacere stare con persone spinte dall’entusiasmo e non dall’infelicità”.