Palenque e i suoi misteri

La tomba scoperta all’interno del tempio delle Iscrizioni è veramente quella del re Pacal? Era davvero lui l’uomo sepolto con il volto coperto dalla famosa maschera di giada? La torre che svetta sul labirintico Palazzo fungeva da osservatorio astronomico o da torretta per gli avvistamenti? Per quale ragione Palenque fu abbandonata improvvisamente dalla sua popolazione? Al momento, non c’è una concreta e univoca risposta a nessuna di queste domande.

Le tipiche piramidi a gradoni Maya

A 220 km da San Cristobal, sulle dolci colline Altos de Chiapas, sorge Palenque, importante città-stato maya, “luogo della morte giornaliera del sole”, centro religioso eretto nel VII secolo d.C. per il sovrano Kin Pacal, “scudo del sole”. Ai margini della lussureggiante foresta pluviale color smeraldo, svettano antichi edifici cerimoniali, templi, un campo da gioco e piramidi a gradoni. La stessa vegetazione che nascose Palenque agli occhi di Cortés e dei suoi uomini, tenta costantemente di riprendersi gli spazi conquistati a fatica grazie ai lavori di disboscamento. Molti monumenti giacciono ancora sotto cumuli di terra, sepolti in una giungla non completamente esplorata.

Il primo edificio che si incontra entrando a Palenque è il cosiddetto Templo de las Iscripciones, tipica costruzione piramidale tozza a gradoni rientranti, alta 24 metri, in cima alla quale sorge l’edificio templare sostenuto da sei grandi pilastri decorati da stucchi che raffigurano il re Pacal. Si può salire direttamente per i gradini ripidi, oppure scegliere un sentiero che dal retro sale dolcemente accanto ad un ruscello e porta all’interno della piramide. A scoprire questo sentiero fu nel 1949 Alberto Ruz Lhuiller, l’archeologo che lo stesso anno rinvenne al centro del pavimento del tempio una lastra di pietra coperta di fori. In realtà si trattava di una botola attraverso la quale si poteva scendere fino al fondo della piramide e raggiungere la cripta. A due metri sotto il livello del suolo, un corridoio orizzontale conduceva ad un’anticamera contenente sei scheletri di giovani dai caratteri nobiliari (cranio appiattito, osso nasale prolungato sino a metà fronte, denti incrostati), evidenti vittime di un sacrificio rituale.

Il Tempio delle Iscrizioni, supposta tomba di Kin Pacal

Una lastra triangolare di chiusura celava la cripta regale, ornata sulle pareti dalle figure dei nove “Signori della Notte” (guardiani del mondo sotterraneo). Una lastra di pietra pesante cinque tonnellate, incisa con la figura del defunto mentre inizia il suo viaggio nel regno dei morti, proteggeva il sottostante sarcofago. La grandezza del sepolcro, quasi pari a quella della stanza, dimostra che la piramide era stata costruita sopra una tomba per custodirne nei secoli l’esistenza, così come era già accaduto in Egitt

o. All’interno del sarcofago, decorato con pitture rosse, gli archeologi trovarono lo scheletro di un re, presumibilmente Pacal, un uomo molto alto, di circa 40 anni, il cui volto era rivestito da una straordinaria maschera mortuaria formata da un mosaico di 200 pezzi di giada verde scintillante. L’antico re fissava ancora il mondo con inquietanti pupille di ossidiana nera. Accanto al suo corpo, un grosso scrigno contenente altri gioielli realizzati con giada, perle e oro. Un piccolo tunnel realizzato con dello stucco collegava la cripta con il tempio: per alcuni esperti si tratterebbe di un condotto d’aerazione, mentre per altri un mezzo con quale i sacerdoti “comunicavano” con lo spirito del re.

El Palacio con la torre denominata “Observatorio”

 

IL MISTERO DELLA LASTRA SEPOLCRALE

Lo studio del bassorilievo della lastra di copertura del sarcofago, una delle più insigni opere d’arte Maya, ha permesso d’attribuire la tomba al re Kin Pacal e scoprire l’epoca quando visse e morì, il ruolo di reggente ricoperto dalla madre Zac-kuk, ma, soprattutto, di penetrare nel misterioso mondo delle credenze religiose dei Maya. Tuttavia, l’archeologo Alberto Ruz Lhuiller, considerando che lo scheletro è quello di un quarantenne (mentre le iscrizioni dicono che Kin Pacal morì a 80 anni), non accettò questa interpretazione. Forse lo scheletro era di uno dei figli di Pacal? Oppure di un nobile? Tutt’oggi non è stato possibile dare una risposta a questo quesito. Di certo si può dire che il personaggio della lastra non è un alieno alla guida di un’astronave, come qualcuno ha affermato con troppa disinvolta fantasia osservando i particolari disegni dei bassorilievi della tomba.

IL MISTERO DELL’ “OBSEVATORIO”

Cuore del centro cerimoniale di Palenque è El Palacio, un complesso di edifici con quattro cortili interni collegati da colonnati e una notevole, ma misteriosa, torre a quattro piani che è denominata “observatorio”. Alcuni studiosi la ritengono, appunto, un osservatorio astronomico, tenendo conto che i Maya erano padroni di evolute nozioni matematiche e che sui gradini del cortile centrale sono presenti i geroglifici del loro calendario. Altri ricercatori pensano, invece, che la torre del Palazzo fosse stata costruita come vedetta per prevenire possibili assalti in un periodo di sommosse e turbolenze politiche e militari.

IL MISTERO DELL’ABBANDONO DI PALENQUE

I resti di Palenque sono circondati da giungla fitta

Anche dopo la morte di Kin Pacal, Palenque continuò ad esercitare il ruolo di centro religioso basato sui cicli stagionali agricoli, ma nell’anno 835 la città fu abbandonata e gradatamente invasa dalla foresta pluviale. Sui motivi di questo evento, ancora una volta le opinioni sono discordi: una crisi di sovrappopolazione e un periodo di prolungata siccità? Oppure una rivolta popolare delle masse contadine nei confronti della classe sacerdotale i cui privilegi e la pratica di sacrifici cruenti non erano più accettati? Entrambe le ipotesi sono plausibili. Gli studi sui pollini e sull’aridità del suolo hanno, difatti, confermato il ripetersi di lunghe siccità, d’altra parte, in quel periodo nella penisola dello Yucatan e in Guatemala diversi centri furono abbandonati a causa delle sommosse popolari, per cui non si può escludere che anche Palenque abbia subito identica sorte.

di Claudia Meschini

foto Gianmarco Maggiolini

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